La recente scomparsa di Claudia Cardinale porta a interrogarsi come celebrare attrici di tale portata in modo rispettoso; nel fare ciò si partirà da alcune considerazioni rispetto a una delle sue più celebri interpretazioni.
Agli occhi di moltissime persone la figura di Claudia Cardinale incarna il concetto di aura con intensità incomparabile. L’aura, come scrisse Walter Benjamin, si configura come "il manifestarsi di una lontananza, per quanto vicina essa sia". Effettivamente la presenza scenica di Claudia Cardinale è spesso vista come qualcosa di sublime, inarrivabile. A questa fama ha sicuramente contribuito la sua indimenticabile apparizione in uno dei capolavori di Fellini: 8 ½; la figura interpretata da Cardinale si distingue nel film da quella di Sandra Milo, Anouk Aimee, o Rossella Falk per la propria ineffabilità agli occhi del protagonista Guido, alter ego felliniano e registico per antonomasia.
Nonostante l’attrice abbia incarnato i ruoli più eterogenei, anche molto “terreni” (memorabile la sua Jill McBain, in C’era una volta il West), l’immagine pubblica di Cardinale rimane debitrice di quell’interpretazione, finendo per distinguersi più per la propria aura, che per le sue caratteristiche intrinseche, diversamente da gran parte delle grandi dive italiane del secondo Novecento (pensiamo alla veracità di Anna Magnani, alla sensualità di Sophia Loren, fino ad arrivare alla modernità ironica e battagliera di Monica Vitti).
In questo senso le scelte di Fellini riguardo al personaggio di Claudia sono tutto sommato ben rappresentative di come lo sguardo maschile tenda a investire il femminile del ruolo, quasi astratto, di musa distante. La donna finisce così per incarnare una sorta di fonte energetica di ispirazione di cui l’uomo ha un immenso bisogno affinché scaturisca l’atto creativo: ma paradossalmente, proprio in quest’esaltazione del femminile, l’identità e il valore reale della donna idolatrata tendono a soccombere, o comunque a rimanere in secondo piano, rispetto all’ammirevole atto creativo maschile.
Con queste parole non si intende certo sminuire l’importanza del capolavoro felliniano, anche perché seguendo questa china occorrerebbe gettare al macero secoli di arte, di letteratura, di musica (dal Dolce Stil Novo fino alle muse alternative cantate da Nick Cave); sarebbe però importante rileggere queste produzioni artistiche anche a partire dai soggetti oggettificati da queste opere.
Questo processo sembra attuarsi una volta in più nel momento in cui vengono a mancare attrici (o, più in generale, artiste) così iconiche: si tende a esaltare innanzitutto l'aura dell'attrice, a decantarne la bellezza, magari per poi soffermarsi su aspetti della loro vita privata che sembrano avvicinarle a noi, senza però che l’aura ne venga minimamente intaccata. Ma la scomparsa di un'artista, anche se tendiamo a dimenticarlo, rimane un fatto tragicamente concreto.
Ricordarsi di tutto ciò, tenerne conto, nel contesto di un epitaffio come mentre guardiamo un film, può essere utile per demistificare la figura femminile, esaltandone anzi le capacità, le sfaccettature, le molteplici interpretazioni, le possibilità.