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Il linguaggio politico della sinistra e della destra extraparlamentari negli anni di piombo

ABSTRACT

Il presente contributo prende in esame, dopo un’opera di ricerca e documentazione, 159 slogan intonati nelle manifestazioni di piazza, avvenute durante gli anni di piombo, dalle sinistre e dalle destre extraparlamentari. Gli slogan sono analizzati sia attraverso una analisi tematica e delle correlazioni tematiche sia linguistica. Attraverso l’analisi tematica si determinano gli elementi portanti delle proposte politiche e ideologiche dei radicalismi politici di destra e sinistra. Con l’analisi linguistica vengono identificate le caratteristiche del linguaggio politico adottato dai due extraparlamentarismi e i modelli linguistici fatti propri.

Gli anni di piombo, molto movimentati dal punto di vista sociale e politico, tanto da essere definiti una guerra civile a bassa intensità e un periodo di non riconciliazione,Footnote1 lo sono anche a livello linguistico, grazie all’irruzione dei giovani nella scena politica e al marcato ruolo della piazza con le manifestazioni dei movimenti extraparlamentari.Footnote2 È pertanto importante ricostruire le tematiche cardine e le caratteristiche del linguaggio politico degli extraparlamentarismi che caratterizzano il periodo. Per far ciò si è resa necessaria un’opera di reperimento delle fonti, costituita dalla raccolta di enunciati intonati durante le manifestzioni di piazza dai movimenti extraparlamentari di diverso orientamento ideologico. La scelta di concentrare documentazione e analisi alla dimensione diamesica dell’oralità, nel contesto diafasico della manifestazione di piazza, è dipesa dalla rilevanza che le manifestazioni assumono all’interno del periodo storico divenendone elemento caratterizzante.Footnote3 L’attività di documentazione degli slogan intonati è iniziata nell’ottobre del 2014, inizialmente con interviste ad ex militanti del radicalismo politico, ed è proseguita sino al 26 novembre del 2020 attraverso richieste di raccolta pubblicate nel gruppo facebook ‘Anni di Piombo – Years of Lead’ che conta 3,933 iscritti tra protagonisti del periodo storico, studiosi, giornalisti e appassionati.Footnote4 In totale sono stati reperiti 159 enunciati dei quali 123 dell’extraparlamentarismo di sinistra e 36 di quello di destra e neofascista.Footnote5 La dominanza della sloganistica di sinistra è correlata al maggior numero di militanti di queste formazioni e alle maggiori possibilità di manifestazione, mentre i movimenti della destra extraparlamentare erano soggetti a forte interdizione degli spazi pubblici e a scioglimento in base alle norme sul divieto di ricostituzione del partito fascista.Footnote6

In Appendice gli slogan reperiti, suddivisi per appartenenza ai due extraparlamentarismi, e presentati in ordine alfabetico.

Pur nella consapevolezza della difficoltà di determinare per gli slogan censiti tipologie perfettamente consistenti e isolabili, come in ogni analisi linguistica dove il significato dei lemmi può sovrapporsi o essere parzialmente contraddittorio, nell’evidenza che dal punto di vista metalinguistico vi sono implicazioni dovute alla natura frammentaria dei movimenti politici enuncianti, e pur emergendo sin da una prima lettura dei materiali censiti la presenza di ridondanze e contraddizioni riconducibili alla tipica natura della comunicazione orale e dei proverbi e dei modi di dire della cultura popolare, si è deciso di procedere ad una analisi di clusterizzazione tematica. La ragione di tale scelta è da ricondursi al fatto che per la prima volta è stato censito un vasto numero di enunciati di piazza che consentono, nella consapevolezza di una certa interdipendenza, sovrapposizione e di possibili contraddizioni, di determinare quali fossero le tematiche sociali e politiche che animavano le piazze dell’extraparlamentarsimo di destra e sinistra. Una succesiva analisi dei rapporti di correlazione tra le tematiche emerse dall’analisi di clusterizzazione, finalizzata a districare intersezioni e sovrapposizioni, consente di determinate e semplificare gli elementi cardine del discorso politico degli extraparlamentarismi depurandoli dalle contraddizioni riconducibili alle modalità della comunicazione orale e popolare in modo utile a far emergere la struttura cardine dei diversi posizionamenti politici.

L’analisi centrale prescelta, che precede l’analisi delle correlazioni tematiche, è, pertanto, quella di clusterizzazione tematica ed è stata condotta secondo le seguenti modalità. Si sono inizialmente trascritti i testi raccolti in un unico corpus che è stato studiato con approccio induttivo per consentire l’identificazione delle tematiche contenute senza fare riferimento a categorizzazioni predefinite. Durante una prima lettura del corpus si è presa nota delle aree tematiche generali contenute e con un secondo esame più accurato si è effettuata un’analisi di identificazione delle micro-tematiche presenti nella documentazione, tracciando in questo modo le informazioni sfuggite alla prima lettura. Le micro-tematiche così identificate sono state poi organizzate, con un procedimento di clusterizzazione, in categorie omogenee definite proto-tematiche. Successivamente si è riesaminato il corpus valutando come le frasi raccolte fossero attribuibili a ciascuna proto-tematica identificata col fine di assegnarvi un nome e una definizione provvisoria. Un’ulteriore fase dell’analisi è consistita nel valutare la collocazione delle micro-tematiche precedentemente censite nelle proto-tematiche determinate per verificare che alcune di esse non fossero state assegnate in modo contraddittorio a più proto-tematiche o collocate in modo erroneo in una proto-tematica inappropriata. Riesaminato ancora una volta il corpus costituito da tutti gli slogan censiti alla luce delle proto-tematiche prescelte, si è provveduto ad accompagnare ciascuna di esse con una descrizione dettagliata e successivamente a rinominarle in modo definitivo, creando così delle tematiche finali che esplicitassero sin dal nome assegnato i temi degli slogan in esse contenute. L’analisi ha così consentito di categorizzare il fenomeno della sloganistica di piazza nelle sue dinamiche principali e anche di gestire la complessità tematica in modo logico e organizzato.

Analisi tematica del linguaggio dei radicalismi politici negli anni di piombo

L’analisi di clusterizzazione tematica effettuata sull’universo linguistico degli slogan della destra radicale e neofascista ha evidenziato la presenza di cinque cluster omogenei: (1) slogan rivoluzionari; (2) slogan anticomunisti; (3) slogan autoritario-golpisti; (4) slogan storico-politici; (5) slogan ironici.

Nel cluster slogan rivoluzionari sono compresi 13 enunciati (slogan 128, 130, 135, 136, 141, 142, 149, 151, 152, 154, 155, 156, 158) imperniati sull’uso ricorrente del lessema ‘rivoluzione’ che trova declinazione nella correlazione con espressioni quali ‘figli di operai’, ‘corporativismo’, ‘socializzazione’, ‘lotta di popolo’ e ‘terza posizione’. Si tratta di un concetto di rivoluzione mutuato dal fascismo delle origini e dall’ultimo fascismo repubblicano e che, rifiutando l’asse politico destra-sinistra rispetto al quale si definisce ‘terza posizione’, si oppone sia al comunismo (‘fronte rosso’) sia al capitalismo (‘reazione’) accomunando ‘rossi e borghesi’ nel medesimo fronte avverso.Footnote7 Il concetto di rivoluzione enunciato ha, inoltre, una connotazione europeista ispirata dal pensiero politico nazional-comunitario di Jean-François Thiriart del movimento Giovane Europa (Jeune Europe) che, diffusosi in Europa a partire dal 1963, esorta gli europei ad abbandonare i veteronazionalismi sciovinisti e fratricidi in favore di un vero nazionalismo europeo dai forti connotati antiamericani.Footnote8

Il secondo cluster tematico, slogan anticomunisti, è costituito da tredici enunciati (127, 131, 132, 133, 134, 137, 138, 144, 145, 146, 147, 148, 159) che si presentano in grande maggioranza come anticomunisti senza riferimento alcuno a vicende e figure storiche. Solo due di essi (134, 148) rimandano direttamente all’esperienza fascista e evidenziano un anticomunismo come prosecuzione della guerra civile che caratterizzò la fase finale del secondo conflitto mondiale.Footnote9 Si tratta di slogan animati da una brutalità linguistica elevata che legittima l’eliminazione fisica dell’avversario politico. All’incremento di brutalità contenuta contribuiscono due fattori: la rabbia per una ridotta ‘agibilità politica’ e ‘agibilità di piazza’ che viene, invece, riconosciuta alla sinistra extraparlamentare in virtù dei valori antifascisti condivisi dalle forze parlamentari che limitano, invece, le occasioni di manifestare dei movimenti neofascistiFootnote10 e la risposta alle pratiche di antifascismo militanteFootnote11 che determina eventi efferati come il rogo di Primavalle del 1973,Footnote12 l’assassinio di Sergio Ramelli del 1975Footnote13 e gli omicidi di Acca Larenzia del 1978.Footnote14

Il terzo cluster, slogan autoritario-golpisti, comprende quattro enunciati (125, 126, 150, 153) che auspicano in Italia regimi autoritari come quelli di Franco in Spagna e Salazar in Portogallo o colpi di stato come quelli della Turchia, della Grecia e del Cile.Footnote15 Sebbene numericamente meno corposo, questo cluster contribuisce a declinare il precedente, slogan anticomunisti, nell’auspicio di soluzioni autoritarie. Sono enunciati confligenti con quelli rivoluzionari che declinano il neofascismo come terza posizione, distante sia dal capitalismo sia dal comunismo. Proprio il comune anticomunismo sembra aver consentito una coabitazione di piazza di movimenti neofascisti, fautori della terza posizione, con movimenti di destra radicale sostenitori dell’atlantismo. Una coabitazione alla quale potrebbe aver contribuito, inoltre, il fatto che entrambi fossero colpiti dalle pratiche violente dell’antifascismo militante che adottava una definizione molto ampia di ciò che doveva essere considerato fascista. La presenza di slogan dalla marcata connotazione atlantista è, inoltre, da correlare all’indirizzo politico assunto dal Movimento Sociale Italiano (MSI), il principale riferimento elettorale e parlamentare di questa variegata area politica, che attraverso la propria segreteria in quegli anni assume posizioni marcatamente atlantiste sino a rendere pubblico il sostegno a Nixon, candidato alle elezioni presidenziali americane.Footnote16

Il quarto cluster tematico degli slogan storico-politici contiene quattro enunciati (124, 129, 143, 157) che fungono da richiamo ideologico e invitano a costruire una destra sociale e popolare vicina ai ceti meno abbienti e coerente con l’ultima esperienza del fascismo repubblicano. Il quinto e ultimo cluster è quello degli slogan ironici, composto da due enunciati (139, 140) che irridono un noto canto di lotta, ‘El pueblo unido jamas serà vencido’ (Il popolo unito non sarà mai vinto), in voga nelle sinistre dell’epoca e cantato dal gruppo cileno Inti-illimani, costretto all’esilio dopo il golpe di Augusto Pinochet.Footnote17 Per struttura tematica i due slogan potrebbero essere inclusi sia nel cluster slogan anticomunisti sia in quello slogan autoritario-golpisti, ma il loro registro linguistico li distingue da tutti e li rende unici nel contesto generale degli enunciati. Questi slogan ironici, seppur numericamente meno rilevanti, mettono in luce, infatti, importanti dinamiche linguistiche in quanto sfruttano il meccanismo del riuso, che si collega non solo agli usi ludici della lingua, ma anche alla pubblicità e ai testi promozionali finalizzati alla creazione e fidelizzazione dei brand.Footnote18

L’analisi degli slogan della sinistra extraparlamentare ha consentito l’identificazione di cinque cluster tematici omogenei: (1) slogan eversivi e controegemonici; (2) slogan sul lavoro, i rapporti di produzione e il sistema economico; (3) slogan contro il PCI e il sindacato; (4) slogan dell’antifascismo militante; (5) slogan ecologisti. Nel primo cluster, slogan eversivi e controegemonici, rientrano quarantacinque enunciati (1, 4, 5, 9, 10, 14, 17, 25, 26, 28, 29, 30, 36, 37, 45, 48, 50, 54, 56, 60, 69, 72, 73, 75, 80, 81, 83, 84, 89, 91, 94, 95, 96, 97, 99, 101, 102, 103, 106, 107, 111, 114, 121, 122, 123) che criticano in modo serrato l’organizzazione sociale italiana. La maggior parte degli slogan sono indirizzati contro il sistema di controllo sociale e la militarizzazione delle università e colpiscono le forze dell’ordine con un registro che muove dall’umoristico (slogan 10, 50, 69) al triviale (slogan 9, 36, 56) atto ad offendere e minacciare. Mentre gli slogan triviali sono immediatamente intellegibili, quelli di registro umoristico richiedono un’interpretazione al di là del letterale e il cui senso è inverso al significato letterale stesso. I manifestanti mettono in discussione sia il sistema formativo universitario sia il sistema pedagogico dominante che esclude i giovani dai processi decisionali (slogan 1, 14, 17) e contrappongono la purezza giovanile alla corruttela dei politici (slogan 48, 114). La contestazione colpisce, inoltre, quello che è ritenuto il principale canale di manipolazione e fabbricazione del consenso, il monopolio televisivo,Footnote19 al cui strapotere i manifestanti, facendo ricorso ad un registro umoristico, oppongono le radio libere che animano la scena nazionaleFootnote20 (slogan 72, 73). Anche l’istituzione carceraria viene presa di mira dalla protesta (slogan 29, 30) facendo proprie le idee di Frantz Fanon sul carcere come massima espressione del potere repressivo esercitato dal capitalismo nei confronti delle classi subalterne.Footnote21

Il secondo cluster tematico individuato, slogan sul lavoro, i rapporti di produzione e il sistema economico, è composto da diciassette enunciati (6, 15, 18, 19, 24, 33, 34, 35, 38, 44, 46, 70, 92, 109, 112, 113, 118) alcuni dei quali, come nel cluster precedente, si contraddistinguono per un registro ironico il cui senso è inverso al significato letterale. Sono slogan che vanno contestualizzati in una trasformazione industriale nella quale al posto dell’operaio specializzato appare un nuovo soggetto con un ruolo del tutto differente rispetto alla produzione: l’operaio della catena di montaggio, non professionalizzato, non specializzato, mobile, intercambiabile e incapace di rappresentarsi come portatore di un mestiere e di identificarsi con esso, mentre è ossessionato dalla ricerca di una fonte di reddito per consumare e sopravvivere.Footnote22 Gli autonomi, ai quali sono attribuibili diversi di questi slogan delle sinistre extraparlamentari, fanno proprie tematiche antilavoriste precedentemente enunciate da Paul Lafargue, che nel 1887 pubblica Il diritto alla pigrizia,Footnote23 e dallo stesso Marx che nei suoi Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica sostiene necessario far sì che il tempo lavorato e il tempo libero non siano contrapposti immaginando uno sviluppo tecnologico tale da abbattere il tempo lavorato a vantaggio dello sviluppo culturale, artistico, scientifico degli individui.Footnote24 La peculiarità dell’Autonomia consiste nell’aver tramutato queste tematiche in programma politico e in una azione collettiva che supera il comportamento individuale e si traduce in pratiche condivise di insubordinazione e sabotaggio nelle fabbriche. L’operaismo autonomo rompe con la tradizione comunista dell’etica del lavoro e introduce l’idea-forza dell’odio degli operai per la propria condizione. Ed è in proposito che entra in gioco il terzo cluster tematico composto da trentaquattro slogan (3, 11, 13, 21, 27, 31, 42, 43, 47, 52, 58, 59, 62, 63, 64, 65, 66, 67, 76, 77, 82, 85, 86, 88, 93, 98, 100, 104, 105, 108, 110, 115, 119, 120): slogan contro il PCI e il sindacato. Le piazze guardano all’endiadi PCI-sindacato come fattore di pericolosità e di conservazione in cui la politica dell’austerità contro la crisi economica lanciata da Enrico Berlinguer, segretario del PCI, si salda alla complicità sindacato-padrone.Footnote25 Numerosi slogan sono indirizzati contro Luciano Lama, segretario della CGIL e tre enunciati danno una vera misura della frattura in atto: In Cile i carri armati, in Italia i sindacati; Provocatori sono PCI e sindacato, che pieni di paura invocano lo Stato; Sindacati e PCI, il fascismo sta lì.

Il penultimo cluster tematico emerso è quello degli slogan dell’antifascismo militante, composto di ventiquattro enunciati (7, 8, 12, 16, 20, 22, 23, 32, 39, 40, 41, 49, 51, 53, 55, 57, 61, 68, 71, 74, 87, 90, 116, 117) che auspicano l’eliminazione fisica dell’avversario attraverso le pratiche dell’antifascismo militante.Footnote26 L’omicidio del fascista viene rivendicato con rabbia ed orgoglio in alcuni slogan (32, 51, 116), mentre altri identificano le radici storiche dell’antifascismo militante (53, 61, 90, 117). Diversi enunciati giungono a suggerire le modalità pratiche con le quali attuare azioni antifasciste con veri e propri incitamenti alla violenza collettiva (slogan 7, 8, 16, 39, 40, 41, 49, 55, 57, 68, 74) e si ricollegano al desiderio di vendetta per i propri caduti (slogan 20, 22, 23). L’ultimo cluster tematico emerso dall’analisi tematica è quello degli slogan ecologisti, composto da tre enunciati (2, 78, 79) nei quali predomina il registro ironico e si mira a costruire una coscienza energetica e ambientale che riflette il rifiuto di quello che viene definito virus tecnologico-sviluppista.Footnote27

Analisi delle correlazioni tra cluster tematici e del registro generale

L’analisi delle correlazioni dei cluster determinati per l’extraparlamentarismo di destra e neofascista evidenzia uno stretto legame di interdipendenza tra gli slogan anticomunisti, gli slogan autoritario-golpisti e gli slogan ironici, con gli ultimi due gruppi che divengono, rispetto al primo, declinazioni di azione politica e di registro linguistico ().

Figura 1. Rappresentazione delle correlazioni dei cluster tematici di area neofascista e di destra radicale

Figura 1. Rappresentazione delle correlazioni dei cluster tematici di area neofascista e di destra radicale

Il cluster degli slogan rivoluzionari si correla, invece, con quello degli slogan storico-politici e si pone in rapporto di opposizione con gli slogan autoritario-golpisti. Si delinea una mappa delle correlazioni tematiche polarizzata sui due cluster principali, slogan anticomunisti e slogan rivoluzionari, che si connotano in un rapporto di vera e propria antitesi politica. È possibile asserire che la frammentarietà dei movimenti, che coabitano la piazza, generi tematiche cardine, collocabili su un gradiente politico destra radicale – fascismo di sinistra, che si pongono in netta antitesi in base alla dicotomia autoritarismo/rivoluzione.Footnote28 Il collante di piazza, che si condensa a livello linguistico negli slogan anticomunisti rivolti al comune nemico autore delle pratiche di antifascismo militante, non impedisce di identificare, attraverso l’analisi delle correlazioni, l’inconciliabilità ideologica tra gruppi della destra radicale e gruppi neofascisti ispirati dal fascismo di sinistra. Una inconciliabiltà ideologica che è plausibile ritenere trovi un terreno di accettazione e tolleranza funzionale ad affrontare il comune nemico e a conquistare accessibilità alle piazze, ma che sarà destinata ad esplodere a vantaggio della declinazione di destra, atlantista e capitalista, e a discapito della componente sociale, nelle varie trasformazioni che porteranno, nei decenni successivi, la destra a diventare forza di governo.Footnote29

Per quanto concerne la sloganistica della sinistra extraparlamentare si evidenziano correlazioni più strette e multiple tra i cluster tematici identificati. Il cluster tematico centrale è rappresentato dagli slogan eversivi e controegemonici che fungono da generatore tematico per gli altri, considerabili come declinazioni di esso. Gli slogan dell’antifascismo militante sono infatti, per come veniva inteso il fascismo in modo onnicomprensivo e attribuile tutto ciò che fosse altro da sè,Footnote30 una declinazione dello spirito controegemonico e del desiderio eversivo dei gruppi extraparlamentari. Anche gli slogan sul lavoro, i rapporti di produzione e il sistema economico si possono considerare come declinazione del più ampio tema controegemonico e contribuiscono a determinare, per correlazione storico politica, gli slogan contro il PCI e il sindacato accusati di proteggere l’attuale sistema del lavoro. Si può pertanto asserire che l’elemento portante della sloganistica delle sinistre etraparlamentari consista nel sovvertimento dell’ordine costituito in tutti i campi della vita sociale, dall’università alla famiglia e al mondo del lavoro per interessare, poi, gli stessi partiti della sinistra istituzionale (PCI) ed il sindacato che, secondo quella che possiamo considerare la mentalità dell’altro da sé, che consiste nel considerare fascista tutto ciò che è altro da sé, finiscono per essere tacciati appunto di fascismo o equiparati ai carri armati di Pinochet ().

Figura 2. Rappresentazione delle correlazioni dei cluster tematici della sloganistica delle sinistre extraparlamentari

Figura 2. Rappresentazione delle correlazioni dei cluster tematici della sloganistica delle sinistre extraparlamentari

Se le tematiche identificate si intersecano e compenetrano, altrettanto si può dire dell’architettura linguistica dei movimenti extraparlamentari. L’architettura di una lingua è un continuum multidimensionale che implica confini fra le categorie che lo formano, le diverse varietà di lingua, non netti e drastici, ma graduali e sfumati, dove per sfumati bisogna intendere che vi si addensano diverse varietà contigue e non separabili in modo categorico.Footnote31 Per ricostruire il continuum del linguaggio del radicalismo politico di destra e sinistra, è pertanto utile identificare i registri che lo caratterizzano nei suoi propositi e nella situazione comunicativa, che influenza il modo in cui la lingua viene impiegata, determinata dal campo, dal tenore e dal modo.Footnote32 Relativamente al linguaggio del radicalismo politico negli anni di piombo si manifesta come campo predominante la manifestazione di piazza organizzata su tematiche politiche o legate al mondo del lavoro, come tenore la protesta anche rabbiosa rivolta, in un forte legame tra i partecipanti, al sistema partitico e all’avversario politico, e come canale le grida che richiedono condivisione e memorizzazione collettiva. Il linguaggio del radicalismo politico evidenzia un registro generale che può essere considerato all’intersezione tra linguaggio politico e linguaggio giovanile. I due opposti estremismi sono portatori di progetti politici che si pongono al di fuori dei meccanismi parlamentari e che si ispirano a ideologie che presuppongono il sovvertimento dello status quo e adottano, funzionalmente ai loro obbiettivi, un linguaggio animato dal desiderio di scandire con chiarezza i propri desiderata e di identificare con somma limpidezza i nemici.Footnote33

Caratteristica cardine del linguaggio del radicalismo politico è, inoltre, il ricorso allo slogan, inteso nel suo significato generale di formula sintetica, espressiva e facile da ricordarsi ed anche nell’originario significato inglese di ‘grido di guerra’. Si tratta di slogan che rispondono alla duplice accezione di propagandaFootnote34 nei confronti di coloro che osservano la manifestazione, e di condivisione nella contestazione di piazza da parte di coloro che li intonano.Footnote35 L’adozione dello slogan, che indubbiamente si lega in rapporto di funzionalità con la manifestazione di piazza, assume anche i connotati della scelta ideologica. Lo slogan, infatti, si lega alla cultura di destra o a movimenti ai quali la destra radicale e il neofascismo attingono dal punto di vista culturale come il fascismo, il futurismo e l’esperienza dannunziana. Durante l’esperienza fascista, sul piano linguistico, la frase ad effetto, lo slogan, rappresenta uno degli aspetti più vistosi dello stile comunicativo del duceFootnote36 e i suoi motti perentori, sviluppati su uno schema binario, o ternario (‘Credere, obbedire, combattere’; ‘Molti nemici, molto onore’; ‘È l’aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende’; ‘Combattere, soffrire, e se occorre morire’) assumono la ‘funzione di parole d’ordine’Footnote37 e catturano sul piano emotivo il consenso della folla, tanto da meritare a Benito Mussolini la definizione di ‘copywriter del fascismo’.Footnote38 Il ricorso allo slogan, durante le manifestazioni di piazza, avviene, peraltro, sia nella forma dell’oralità sia in quella della scrittura a mezzo di graffiti () che imprimono i messaggi intonati dai cortei sulle mura della città procrastinandone la fruibilità da parte dell’osservatore.

Figura 3. Manifestazione dell’Autonomia Operaia durante gli anni di piombo, si noti il graffito che i manifestanti lasciano impresso sul muro. (Fotografia AEAP-NG)

Figura 3. Manifestazione dell’Autonomia Operaia durante gli anni di piombo, si noti il graffito che i manifestanti lasciano impresso sul muro. (Fotografia AEAP-NG)

Anche la sinistra radicale ha i suoi modelli e riferimenti storici e ideologici. Vi sono modelli che appaiono politicamente limitrofi, come la rivoluzione culturale maoista, che attraverso lo slogan ‘non dimenticare mai la lotta di classe’ incoraggiava i lavoratori, gli amici e i famigliari a essere vigili sui potenziali nemici di classe riconducendo ogni conflitto di opinione al tema della lotta di classe tra proletari e borghesiFootnote39 e che proprio attraverso il ricorso allo slogan e alla poster art aveva aiutato Mao nella costruzione del potere politico.Footnote40 Anche nella Russia sovietica lo slogan gioca un ruolo importante nella mobilitazione delle masse e gli slogan vengono ideati in modo sistematico per aree tematiche come l’industria, l’agricoltura, gli anniversari della rivoluzione, le feste ufficiali.Footnote41 L’adozione da parte sovietica dello slogan può essere, inoltre, ricondotta al futurismo russo che precede e attraversa la rivoluzione bolscevica.Footnote42 Dario Mariani, militante della sinistra radicale prima in Lotta Continua e poi nell’Autonomia Operaia, fa notare come, ‘sebbene non si possa escludere un retaggio del mito della rivoluzione culturale maoista a livello di adozione dello slogan, su Mao c’era stata l’overdose nel ’68 e nel ‘77 era scomparso, il riferimento alla rivoluzione sovietica era forte anche se poi pure l’Urss era considerata socialimperialista e si guardava soprattutto a Majakovskij’.Footnote43 Emerge tra i protagonisti dell’epoca un certo consenso nel considerare presente un influsso, in parte consapevole e in parte inconsapevole, del futurismo sulle modalità della contestazione. Mariani in merito afferma: ‘il futurismo, stupidamente assimilato al fascismo non è che si studiasse poi tanto nelle scuole, tutti i programmi, sia di storia che di storia dell’arte, si fermavano al 1918, però è innegabile che la comunicazione del ‘77 si rifaceva al futurismo, magari quello più anarcoide e meno nazionalista, ma certamente al futurismo’.Footnote44

Non vi sono dubbi che i due radicalismi, pur animati da diversi propositi ideologici, adottino uno stile comunicativo futurista, incentrato sulla potenza evocativa dello slogan, che rappresenta e incarna la lotta del nuovo, del giovane e dell’energetico contro il vecchio partitismo. All’interno di questa lotta il ricorso allo slogan avviene proprio nella sua originaria accezione di ‘grido di battaglia’ in cui lo stile sintetico e la paratassi, a livello sintattico, lo stile nominale e la creazione di neologismi, a livello morfologico, e la aggettivazione forte e roboante, a livello lessicale, amplificano gli effetti della comunicazione conferendole forza d’urto e carattere manicheo.Footnote45

È utile notare che i due radicalismi politici patiscono una ghettizzazione che non è solo politica, ma anche generazionale, come emerso nell’analisi tematica, e che vede i giovani esclusi dai processi decisionali della politica e dalla rappresentazione sociale offerta dai media pubblici assoggettati al controllo e alla censura parlamentare. Non a caso le grandi manifestazioni di piazza del periodo vedono la larga partecipazione, sia nella sinistra extraparlamentare sia nella destra radicale, di masse giovanili ( e 5) che, escluse e marginalizzate dal dibattito politico parlamentare, non esitano a scendere in piazza con l’intento di far ascoltare la propria voce.

Figura 4. Milano 1971, giovani militanti neofascisti sfilano nelle strade della città. Un’interessante nota di costume: anche i militanti neofascisti portano i capelli lunghi. (Fotografia AEAP-NG)

Figura 4. Milano 1971, giovani militanti neofascisti sfilano nelle strade della città. Un’interessante nota di costume: anche i militanti neofascisti portano i capelli lunghi. (Fotografia AEAP-NG)

Figura 5. Roma, 1 maggio 1977, manifestazione della sinistra radicale. Nella fotografia tra i giovani manifestanti è ritratto Valerio Verbano. (Fotografia AEAP-NG)

Figura 5. Roma, 1 maggio 1977, manifestazione della sinistra radicale. Nella fotografia tra i giovani manifestanti è ritratto Valerio Verbano. (Fotografia AEAP-NG)

Se come osserva Edgar Radtke, la tendenza a formare sottogruppi tra i giovani stessi favorisce una gergalizzazione che giustifica l’ipotesi di varietà giovanili ben differenziate tra loro,Footnote46 non può stupire che il linguaggio degli slogan di piazza degli anni di piombo, pur libero da ogni cripticismo, assuma alcuni tratti gergali, considerati tipici delle minoranze marginalizzate che cementano la loro unione con slang originali e unici.Footnote47 Il linguaggio politico adottato dagli opposti estremismi deve la sua originalità anche all’unione di un duplice meccanismo di gergalizzazione: un meccanismo puramente generazionale che trascende la dimensione politica, si direbbe giovanile in quanto i gruppi erano costituiti da giovani, ed un meccanismo in cui giovanile e politico si fondono in una risposta anche rabbiosa alla marginalizzazione politica e all’esclusione dai processi decisionali. Un linguaggio che può essere definito gergale in quanto assume valenza di contrapposizione alla lingua dominante della politica istituzionale e si configura volutamente, rispetto ad essa, come antilingua.Footnote48 Il linguaggio degli extraparlamentarismi segna, infatti, una netta rottura con il politichese, il linguaggio politico dominante, che ha la sua caratteristica principe nella costante tendenza a mascherare anziché chiarire i contenutiFootnote49 ed è frutto di tatticismi e equilibrismi parlamentari funzionali al raggiungimento di continui compromessi politici. L’essenza criptica del politichese si fonda, infatti, sul paradigma della superiorità dei politici nel rapporto linguistico instaurato con i destinatari dei loro messaggi,Footnote50 un paradigma che entrambi gli extraparlamentarismi rifiutano in modo netto.

Conclusioni linguistiche e politologiche

Le conclusioni del presente studio si muovono su due piani: linguistico e politologico. Dal punto di vista linguistico è possibile asserire che il linguaggio del radicalismo politico degli anni di piombo sia caratterizzato da un registro generale al quale contribuiscono linguaggio politico, linguaggio giovanile e componente gergale. Nell’architettura linguistica complessiva il ponte di unione tra linguaggio politico, linguaggio giovanile e gergalizzazione è identificabile nella adozione dello slogan nelle sue molteplici funzioni di ‘grido di guerra’, di propaganda, di rafforzamento della coscienza politica, di tratto tipico delle minoranze marginalizzate che si cementano anche attraverso l’adozione di slang, di vigore giovanile ispirato dal modello futurista. Un linguaggio politico che, veicolando tematiche antisistema, si pone in antitesi alla ‘lingua del potere’ rappresentata dal politichese. Una opposizione linguistica che riflette una profonda frattura ideologica e generazionale.

Dal punto di vista politologico è utile notare che entrambe le proposte del radicalismo politico neofascista e di sinistra si connotano a livello tematico per il carattere antisistema, ma attraverso differenti meccanismi. L’extraparlamentarismo di sinistra produce una radicale critica ai vigenti meccanismi economici e sociali incentrata sulla liberazione generazionale e sulla liberazione dal lavoro. La si potrebbe definire un parricidio rispetto al PCI e al sindacato, accusati di eccessiva moderazione, sterile riformismo e abbandono delle pratiche rivoluzionarie. Se la rottura a livello tematico è fortissima, tanto da definire il PCI e il sindacato come fattori di conservazione equiparati negli slogan alle dittature militari e al fascismo inteso come ‘dittatura del padrone’, l’analisi dei flussi elettorali mostra una situazione più complessa. Nelle elezioni politiche del 1972 il PCI raccoglie 9.068.961 voti pari al 27,15%, in quelle del 1976 i consensi ammontano a 12.615.650 pari al 34,37% e nel 1979 i voti totali raccolti sono 14.046.290 pari al 30,38%.Footnote51 La crescita in termini numerici di voti e in termini percentuali è netta, ed al PCI non nuoce il duro attacco di piazza delle sinistre extraparlamentari e si registrano piuttosto incrementi a livello di consenso. La radicalizzazione delle piazze di sinistra e le forti critiche al PCI richiedono, dunque, una attenta valutazione in termini di impatto elettorale. In particolare, si possono ipotizzare due diversi meccanismi in atto. Il primo in cui la radicalizzazione delle piazze a favore dell’estrema sinistra finisce per rappresentare un volano, in virtù delle tematiche esposte, proprio per il PCI. La piazza, con i suoi slogan e le tematiche controegemoniche, critiche dei sistemi di produzione e cariche di antifascismo, contribuisce a creare una coscienza politica che va ben oltre l’evento manifestazione e si traduce in una crescita di consensi proprio per quel PCI che i leader della protesta osteggiano. Il secondo meccanismo ipotizzabile è che gli stessi partecipanti alle manifestazioni di piazza, pur aderendo ideologicamente agli slogan enunciati, adottino nell’urna la scelta del male minore rappresentato dal PCI rispetto alle altre forze parlamentari. Alla deriva di alcuni militanti del radicalismo politico di sinistra nella lotta armata sembra, dunque, contribuire anche l’impossibilità e l’incapacità di modificare i rapporti politici nell’immediato, sebbene il contributo culturale del radicalismo politico di sinistra sia destinato a influenzare in profondità la realtà sociale nazionale. Un orizzonte che non è però soddisfacente per chi auspica ‘tutto e subito’. Si può, inoltre, asserire che i sucessi elettorali del PCI in questo periodo tumultuoso riflettano la borghesizzazione in corso nella società italiana e vadano posti in correlazione con l’influenza esercitata dalla chiesa cattolica e la sua condanna della violenza estremistica, dinamiche che si traducono nel desiderio di normalizzazione politica da parte dell’elettorato.

Per quanto concerne i movimenti neofascisti e della destra extraparlamentare la proposta oscilla tra una maggioranza di slogan rivoluzionari terzoposizionisti e l’auspicio di un golpe militare, situazione che riflette la divisione dei partecipanti alle manifestazioni tra due componenti unite dall’anticomunismo e dalla ricerca di spazi di protesta ma aderenti a inconciliabili posizioni ideologiche. Anche in questo caso giova guardare ai risultati delle elezioni politiche. Nel 1972 il MSI colleziona 2.894.722 voti pari al 8,67%, nel 1976 i voti sono 2.238.339 pari al 6,10% e nel 1979 si registrano 1.930.639 voti che corrispondono al 5,26%. Di contro la DC colleziona 12.912.466 voti nel 1972 pari al 38,66%, nel 1976 i voti sono 14.209.519 per un 38,71% e nel 1979 il consenso registra 14.046.290 voti pari al 38,30%.Footnote52 È evidente come la divisione della base in neofascisti e destre radicali si rifletta sulle dinamiche di voto, non consentendo mai il prevalere delle istanze rivoluzionarie, ma piuttosto il consolidarsi di visioni atlantiste che invece di determinare una crescita elettorale del MSI vanno ad incrementare il voto a favore della DC, il principale antagonista del PCI. L’emarginazione politica attuata da PCI e MSI verso le componenti radicali, l’impossibilità di incidere nel breve termine sulle dinamiche politiche in atto, la repressione da parte delle istituzioni e gli ideali antagonisti al sistema dei due opposti estremismi contribuiranno a determinare una deriva nella lotta armata.

L’analisi sul corpo linguistico degli extraparlamentarismi negli anni di piombo, con una efficacia su multipli livelli, ha consentito l’identificazione di diverse dinamiche linguistiche in atto che contribuiscono a determinare il registro generale muovendo dal passato, al presente e al futuro della comunicazione politica italiana. Nel passato si evidenziano i legami con il linguaggio sloganistico dannunziano e del fascismo e con lo sperimentalismo futurista,Footnote53 nel presente l’influenza del gergo giovanile e nel futuro, in forte rottura col politichese, l’adozione di tecniche di comunicazione tipiche dell’advertising che diventeranno poi dominanti nella fase del genteseFootnote54 tipica della Seconda RepubblicaFootnote55 e dei suoi mutamenti.

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No potential conflict of interest was reported by the author(s).

Notes

1 Anna Cento Bull, ‘The Italian Transition and National (Non)Reconciliation’, Journal of Modern Italian Studies, 13.3 (2008), 405–21; Giorgio Fasanella, Giovanni Pellegrino e Claudio Sestieri, Segreto di Stato. La verità da Gladio al caso Moro (Torino: Einaudi, 2000); Nicola Tranfaglia, ‘Un capitolo del “doppio Stato”. La stagione delle stragi e dei terrorismi (1969–1984)’, in Storia dell’Italia repubblicana, a c. di Francesco Barbagallo, 3 voll (Torino: Einaudi, 1997), II, pp. 7–80.

2 Dalla trincea alla piazza. L’irruzione dei giovani nel Novecento, a c. di Marco De Nicolò (Roma: Viella, 2012); Marco Scavino, ‘La piazza e la forza. I percorsi verso la lotta armata dal Sessantotto alla metà degli anni Settanta’, in Verso la lotta armata. La politica della violenza nella sinistra radicale degli anni Settanta, a c. di Simone Neri Serneri (Bologna: Il Mulino, 2012), pp. 117–203; Antonio Tassinari, Firenze, le piazze del ‘77 (Firenze: DEA, 2015).

3 Annisettanta. Il decennio lungo del secolo breve, a c. di Marco Belpoliti, Gianni Canova e Stefano Chiodi(Milano: Skira, 2007), p. 375.

4 Anni di Piombo – Years of Lead, Gruppo pubblico di Facebook,: <https://www.facebook.com/groups/292073480964370/≥ [consultato il 31 marzo 2020].

5 L’acquisizione degli slogan è avvenuta con una metodologia costituita da due fasi: reperimento e validazione. Ogni slogan reperito è stato, infatti, considerato per la fase di analisi soltanto se riconosciuto come di uso comune nelle manifestazioni di piazza da almeno i due terzi degli ex militanti collaboranti che ammontano a dieci: cinque dell’extraparlamentarismo di destra e cinque di sinistra.

6 Per due tra le principali organizzazioni neofasciste, Ordine Nuovo (ON) e Avanguardia Nazionale (AN), viene decretato lo scioglimento per ricostituzione del partito fascista. Interviene prima lo scioglimento di ON che viene decretato il 21 novembre 1973, con la condanna di trenta membri, e poi, tre anni dopo, il 5 giugno 1976, per AN. Nicola Rao, La fiamma e la celtica. Sessant’anni di neofascismo da Salò ai centri sociali di destra (Milano: Sperling & Kupfer, 2006), pp. 229–40; Stefano Delle Chiaie, L’aquila e il condor. Memorie di un militante nero (Milano: Sperling & Kupfer, 2012), pp. 205–12.

7 Si vedano al riguardo i seguenti studi: Zeev Sternhell, Neither Right nor Left: Fascist Ideology in France, trad. David Maisel (Princeton: Princeton University Press, 1996); Zeev Sternhell, La Droite révolutionnaire 1885–1914. Les origines françaises du fascisme (Parigi: Seuil, 1978); Zeev Sternhell, Mario Sznajder e Maia Ashéri, Nascita dell’ideologia fascista (Milano: Baldini Castoldi Dalai, 2008); Francesco Germinario, Michele Battini e Zeev Sternhell, Destra, sinistra, fascismo. Omaggio a Zeev Sternhell (Brescia: Grafo, 2005); Giano Accame, Il fascismo immenso e rosso (Roma: Settimo sigillo, 1990); Giuseppe Parlato, La sinistra fascista. Storia di un progetto mancato (Bologna: Il Mulino, 2008); Luca Leonello Rimbotti, Fascismo rivoluzionario. Il fascismo di sinistra dal sansepolcrismo alla Repubblica Sociale (Firenze: Passaggio al Bosco, 2018); Roberto Mancini, Oltre destra e sinistra. Il socialismo fascista (Milano: Il Borghese, 2015); Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario (1883–1920) (Torino: Einaudi, 2019); Arrigo Petacco, Il comunista in camicia nera. Nicola Bombacci, tra Lenin e Mussolini (Milano: Mondadori, 1966).

8 Jean-Francois Thiriart, The Geopolitical Unification of Europe, Russia, and Central Asia: Creating a Unitary Transcontinental Multinational State (Lampeter: The Edwin Mellen Press, 2019); Jean-Francois Thiriart, The Great Nation: Unitarian Europe – from Brest to Bucharest (Melbourne.: Manticore Press, 2018); Nicolas Lebourg, ‘La Libération nationale et sociale des régions d’Europe. Histoire d’une utopie fasciste (1941–2001)’, Utopia and Utopianism, 2 (2007), 95–108; Steve Bastow, ‘A Neo-Fascist Third Way: The Discourse of Ethno-Differentialist Revolutionary Nationalism’, Journal of Political Ideologies, 7.3 (2002), 351–68; Yannick Sauveur, Jean Thiriart et le National Communautarisme Européen: Memoire pour le Diplome d’etudes Approfondies (Parigi: Institut d’Etudes Politiques, 1978); Jean-Francois Thiriart, Un impero di 400 milioni di uomini. L’Europa (Roma: G. Volpe, 1965).

9 Giorgio Fasanella e Giovanni Pellegrino, La guerra civile (Milano: Biblioteca Universale Rizzoli, 2006); Renzo De Felice, Mussolini l’alleato. 2. La guerra civile 1943–1945 (Torino: Einaudi, 1997); Claudio Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza (Torino: Bollati Boringhieri, 1991).

10 Intervista del 2 marzo 2015 con Mario F. militante del radicalismo politico di sinistra a Milano; Intervista del 10 marzo 2018 con Paolo S. militante del radicalismo politico neofascista a Roma.

11 Interessanti, per comprendere la natura dell’antifascismo militante: Fortunato Avanzati, Antifascismo come lotta di classe (Roma: La nuova sinistra – Samonà e Savelli, 1974); Gian Battista Lazagna, Aldo Natoli e Luigi Saraceni, Antifascismo e partito armato (Milano: Feltrinelli, 1968); La Nuova Sinistra, Primavalle incendio a porte chiuse (Roma: Savelli, 1974).

12 Giampaolo Mattei e Giommaria Monti, La notte brucia ancora. Primavalle il rogo che ha distrutto la mia famiglia (Milano: Sperling & Kupfer, 2008).

13 Paolo Bussagli, Milano Burning. Documentario su Sergio Ramelli (Milano: CDRC, 2015); Guido Giraudo e altri, Sergio Ramelli, una storia che fa ancora paura (Milano: Sperling & Kupfer, 2007).

14 Valerio Cutonilli, Chi sparò ad Acca Larenzia? Il settantotto prima dell’omicidio Moro (Roma: Amazon, 2018); Valerio Cutonilli e Luca Valentinotti, Acca Larentia. Quello che non è stato mai detto (Roma: Trecento, 2009).

15 Galadriel Ravelli e Anna Cento Bull, ‘The Pinochet Regime and the Trans-nationalization of Italian Neo-fascism’, in Hayek: A Collaborative Biography: Archival Insights into the Evolution of Economics, a c. di Robert Leeson (Cham: Palgrave Macmillan, 2018), pp. 361–93; Nerio Minuzzo, Quando arrivano i colonnelli. Rapporto dalla Grecia (Milano: V. Bompiani, 1970); Basil P. Mathiopulos, Il colpo dei colonnelli. Il 21 aprile ad Atene, trad. Enrico Cicogna (Milano: Mondadori, 1968).

16 Gregorio Sorgonà, ‘La “scoperta dell’America” e l’altro ‘68. Il M.S.I. tra identità neofascista e il sogno di una destra mondiale anticomunista’, Humanities, 2.4 (2013), 117–42.

17 Settantatré. Cile e Italia, destini incrociati, a c. di Raffaele Nocera e Claudio Rolle Cruz (Napoli: Think Thanks edizioni, 2010).

18 Kim Sheehan, Controversies in Contemporary Advertising (Los Angeles: SAGE, 2014); Pamela Walker Laird, Advertising Progress: American Business and the Rise of Consumer Marketing (Baltimora: Johns Hopkins University Press, 2019); David A. Aaker, Brand Equity. La gestione del valore della marca (Bologna: Franco Angeli, 2015); Brand Equity & Advertising: Advertising’s Role in Building Strong Brands, a c. di David A. Aaker e Alexander L. Biel (Hillsdale: Erlbaum, 1993). Si noti, in proposito, come il lessema brand non trovi in lingua italiana un adeguato corrispettivo che ne rappresenti le componenti constitutive materiali e immateriali e che la sua eventuale traduzione col termine ‘marchio’ è da considerarsi fuorviante ed errata.

19 Cinzia Padovani, A Fatal Attraction: Public Television and Politics in Italy (Lanham: Rowman & Littlefield, 2005).

20 Danilo Dolci, La radio dei poveri cristi. Il progetto, la realizzazione, i testi della prima radio libera in Italia, a c. di Guido Orlando e Salvo Vitale (Marsala: Narrava, 2008); Radio Singer, reg. Pietro Balla (Deriva Film, 2009); Ma libera veramente. Trent’anni di Radio Popolare: voci, parole e immagini, a c. di Danilo De Biasio (Milano: Kowalski, 2006); Stefano Dark, Libere! L’epopea delle radio italiane degli anni ‘70 (Roma: Stampa alternativa/Nuovi equilibri, 2009); Alice è il diavolo. Storia di una radio sovversiva, a c. di Franco Berardi (Milano: Shake, 2002); Lorenzo Berardi, Silvestro Ramunno e Paolo Soglia, Con una certa frequenza. Trent’anni di radio a Bologna, la città da cui tutto ha avuto inizio (Modena: Yema 2006); Giuseppe Impastato e Salvo Vitale, Radio aut. Materiali di un’esperienza di controinformazione (Roma: Alegre, 2008).

21 Frantz Fanon, I dannati della terra (Torino: Einaudi, 1962).

22 Nanni Balestrini, Vogliamo tutto (Roma: DeriveApprodi, 2019), pp. 182–83.

23 Paul Lafargue, Il diritto alla pigrizia (Milano: Forum Editoriale, 1968).

24 Karl Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica 1857–1858, trad. Enzo Grillo (Firenze: La Nuova Italia, 1968), pp. 400–01.

25 Balestrini, p. 127.

26 Guido Panvini, Ordine nero, guerriglia rossa. La violenza politica nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta (1966–1975) (Torino: Einaudi, 2009), pp. 251–57. Sull’antifascismo militante: Jessica Matteo, ‘L’antifascismo militante a Roma, 1970–1976: parole pubbliche e memorie private’, Dimensioni e problemi della ricerca storica, 2 (2015), 201–31; Fortunato Avanzati, Antifascismo come lotta di classe (Roma: La nuova sinistra – Samonà e Savelli, 1974); Lotta Continua, ‘Basta con i fascisti’, Lotta Continua supplemento al n.10, 1973; Lotta Continua, ‘Liquidare i fascisti, chi li manda, li paga, li protegge. Basta con l’opportunismo, pacifismo, egalitarismo’, Lotta Continua, 20, 12 novembre 1970, p. 17.

27 Interessante in proposito quanto Ferrari e D’Ubaldo ricostruiscono nel loro studio sull’autonomia romana relativamente al Comitato politico dell’Enel. Emerge la forte contestazione dei Piani energetici nazionali, figli di una cultura sviluppista sposata anche dal PCI che nella congiuntura di quel tempo trovava interessi convergenti con i grandi gruppi industriali, che avevano come punta di diamante lo sviluppo dell’energia nucleare con la costruzione di venti centrali, secondo il piano elaborato dall’allora ministro Donat-Cattin con l’assenso del PCI. Giorgio Ferrari e Marco G. D’Ubaldo, Gli autonomi. L’Autonomia operaia romana (Roma: DeriveApprodi, 2017), pp. 69–74.

28 Nicola Guerra, ‘Il linguaggio politico di piazza della destra radicale e dei movimenti neofascisti negli Anni di piombo’, Mediterranean Language Review, 27 (2020), 61–86.

29 Nicola Rao, Neofascisti! La destra italiana da Salò a Fiuggi nel ricordo dei protagonisti (Roma: Settimo Sigillo, 1999); Pietro Ignazi, Il polo escluso. Profilo storico del Movimento sociale italiano (Bologna: Il Mulino, 1998); Fabrizio Mulas, Da Salò a Fiuggi. Cronache bresciane di un’avventura umana e politica (Brescia: La Rosa, 2002); Alessandro Campi, La destra di Fini. I dieci anni di Alleanza Nazionale 1995–2005 (Lungro di Cosenza: Marco, 2006); Annalisa Terranova, Camicette nere. Donne di lotta e di governo da Salò ad Alleanza Nazionale (Milano: Mursia, 2007); Maurizio Barozzi, MSI il grande inganno (Roma: Fncrsi, 2004); Adalberto Baldoni, Destra senza veli 1946–2017. Storia e retroscena dalla nascita del Msi ad oggi (Roma: Fergen, 2017).

30 Marco Tarchi, Fascismo. Teorie, interpretazioni e modelli (Roma: Laterza, 2003).

31 Gaetano Berruto, Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo (Roma: La Nuova Italia Scientifica, 1987), pp. 27–42.

32 Michael A. K. Halliday, Language as Social Semiotic: The Social Interpretation of Language and Meaning (Londra: Arnold, 1978).

33 Nicola Guerra, ‘Il linguaggio degli opposti estremismi negli anni di piombo. Un’analisi comparativa del lessico nelle manifestazioni di piazza’, Italian Studies, 75.4 (2020), 470–86 <https://doi.org/10.1080/00751634.2020.1820818>.

34 Emilio Tiberi, La contestazione murale. Una ricerca psico-sociale sul fenomeno contestatario attraverso lo studio di graffiti e di mezzi di comunicazione di massa (Bologna: Il Mulino, 1972).

35 Bruno Migliorini, Conversazioni sulla lingua italiana (Firenze: Le Monnier, 1956), pp.187–90.

36 Maria Rosa Capozzi, ‘I linguaggi della persuasione: propaganda e pubblicità’, Gentes, 1 (2014), 99–106 (p. 102).

37 Pier Vincenzo Mengaldo, Storia della lingua italiana. Il Novecento, (Bologna: Il Mulino, 1994), p. 53.

38 Gian Paolo Ceserani, Storia della pubblicità in Italia (Bari: Laterza, 1988), p. 96.

39 Xing Lu, The Rhetoric of Mao Zedong: Transforming China and its People (Columbia, SC: University of South Carolina Press, 2017).

40 Tuo Wang, The Cultural Revolution and Overacting: Dynamics between Politics and Performance (New York-Londra: Lexington Books, 2014), p. 148; Dick Wilson, Mao Tse-Tung in the Scales of History (Cambridge: Cambridge University Press, 1977), pp. 105–06.

41 Mary Buckley, Mobilizing Soviet Peasants: Heroines and Heroes of Stalin’s Fields (New York-Toronto-Oxford: Rowman & Littlefield Publishers, 2006), p. 58.

42 Words in Revolution: Russian Futurist Manifestoes 1912–1928, a c. di e trad Anna Lawton e Herbert Eagle (Itaca, NY: Cornell University Press, 2004).

43 Intervista del 6 maggio 2020 a Dario Mariani, ex militante di Lotta Continua e dell’Autonomia Operaia molto attivo nel dibattito pubblico sulla ricostruzione storica degli anni Settanta.

44 Intervista del 10 maggio 2020 a Dario Mariani.

45 Olivier Reboul, Lo slogan (Roma: Armando Editore, 1975), p.109.

46 Edgar Radtke, ‘Varietà giovanili’, in Introduzione all’italiano contemporaneo. La variazione e gli usi, a c. di Alberto Sobrero (Roma – Bari: Laterza, 1993), p.197.

47 Stenio Solinas, L’infinito sessantotto. Da Macondo e P38 alla II Repubblica (Viareggio: La Vela, 2018), p. 98.

48 Michael A. K. Halliday, Il linguaggio come semiotica sociale. Un’interpretazione sociale del linguaggio e del significato, trad.Daniela Calleri (Bologna: Zanichelli, 1983), p.186.

49 Gaetano Afeltra, ‘Oscurità programmata’, in La comunicazione politica in Italia, a c. di Jader Jacobelli (Roma-Bari: Laterza, 1989), p. 5.

50 Giuseppe Antonelli, ‘Sull’italiano dei politici nella Seconda Repubblica’, in L’italiano oltre frontiera, V Convegno Internazionale, Lovanio, 22–25 aprile 1998. Vol. I, a c. di Serge Vanvolsem e altri (Firenze: Leuven University Press, 2000), pp. 211–34.

51 Dati disponibili sul sito del Governo Italiano – Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, ‘Archivio storico delle elezioni’, <https://elezionistorico.interno.gov.it≥ [consultato il 12 maggio 2020].

52 Governo Italiano – Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, ‘Archivio storico delle elezioni’.

53 Maurizio Calvesi, Avanguardia di massa. Compaiono gli indiani metropolitani (Milano: Feltrinelli. 1978), p. 59; Franco Ferrarotti, ‘Quale cultura c’è dietro agli autonomi’, Corriere delle Sera, 31 maggio 1977; Mengaldo, p. 53; Ceserani, p. 96.

54 Vladimiro Giacchè, La fabbrica del falso. Strategie della menzogna nella politica contemporanea (Roma: Derive Approdi, 2008), p. 210; Stephen Gundle, ‘Le origini della spettacolarità nella politica di massa’, in Propaganda e comunicazione politica. Storia e trasformazioni nell’età contemporanea, a c. di Maurizio Ridolfi (Milano: Mondadori, 2004), p. 39.

55 Domenico Losurdo, La seconda Repubblica. Liberismo, federalismo, postfascismo (Torino: Bollati Boringhieri, 1994); Giampiero Mughini, Un disastro chiamato Seconda Repubblica. Miti, protagonisti e soubrette di un’Italia che declina (Milano: Mondadori, 2005); Norberto Bobbio, Verso la Seconda Repubblica (Torino: La Stampa, 1997).

Appendice.

Slogan

Slogan di sinistra

Slogan di destra