Vai al contenuto

Giornalismo investigativo

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il giornalismo investigativo o d'inchiesta è una tipologia di giornalismo che comporta un lavoro di inchiesta e investigazione approfondita su vari temi.

L'attività non è limitata alla cronaca, cioè riportare i fatti, né intende stabilire una verità diversa da quella processuale, ed è strettamente collegata con la divulgazione. Quale che sia il tema, il tratto fondamentale è l'attività di inchiesta. Inoltre, mentre il giornalismo di cronaca è fatto in gran parte utilizzando fonti ufficiali e istituzionali (Carabinieri, Polizia, eccetera), il giornalista investigativo cambia di volta in volta le proprie fonti a seconda dell'oggetto della sua indagine. Spesso utilizza fonti primarie relative ad un dato fenomeno.

Ad esempio, se un giornalista di un grande quotidiano basa un articolo sulle dichiarazioni dell'addetto stampa di una multinazionale o di un ufficiale addetto alle pubbliche relazioni di una forza militare, un giornalista investigativo va dalle persone coinvolte direttamente in un dato evento spesso entrando in rapporto con fonti confidenziali. Per tali caratteristiche si presta ad esser svolto più agevolmente da freelance, svincolati dai tempi di redazione, o da giornalisti d'inchiesta interni alle testate con una ampio margine di tempo e libertà d'azione.[1]

Tra le tematiche affrontate dal giornalismo d'inchiesta vi sono quelle riguardanti le attività della sfera criminale (come il terrorismo, il crimine organizzato, il traffico di esseri umani, l'economia canaglia), i temi riguardanti la corruzione (come i misfatti delle multinazionali), e le inchieste sociali su fenomeni di costume o culturali controversi (come la prostituzione, l'immigrazione, le mode giovanili).[2]

Gli strumenti utilizzati

[modifica | modifica wikitesto]

Vista la natura peculiare del suo lavoro, il giornalista investigativo si avvale dei seguenti strumenti:

  • Analisi di documenti di provenienza istituzionale (governo, parlamento, magistratura, enti internazionali), privata (multinazionali, ONG, centri di analisi privati) o scientifica (università e centri di ricerca).
  • Computer-Assisted Reporting, ovvero investigazioni giornalistiche basate sull'analisi di complessi database.
  • Open Source Intelligence (OSINT), ovvero analisi di fonti aperte disponibili online o offline e fonti documentali a stampa. Tale metodologia investigativa si avvale dell'utilizzo di software specifici per il data mining e dell'utilizzo di portali di accesso a dati amministrativi di persone giuridiche e fisiche.
  • Rapporti con fonti confidenziali di provenienza istituzionale o privata.
  • Utilizzo della legislazione in tema di libertà d'informazione, della libertà di stampa e della trasparenza amministrativa, ad esempio per accedere a materiale documentale riservato o non più coperto da segreto di Stato (come fu per i materiali dell'«Operazione Condor» in possesso del Dipartimento di Stato americano).

Benché la letteratura e il cinema abbiano spesso raccontato storie di giornalisti investigativi di altre nazioni, soprattutto degli Stati Uniti d'America, anche l'Italia può annoverare diverse figure di cronisti che hanno saputo cercare, dietro la successione dei fatti di un evento di cronaca, indizi e tracce di situazioni più complesse.

Uno dei filoni d'inchiesta del giornalismo italiano è quello della mafia. Quotidiani e periodici hanno cominciato a realizzare indagini sul fenomeno criminoso nel secondo dopoguerra. Fino ad allora, fatte salve rare eccezioni, si limitavano a riportare le singole notizie di cronaca sulle uccisioni, i ferimenti, i sequestri di persona e gli attentati. Nel 1950 un eccellente reportage pubblicato sul settimanale «L'Europeo» segnò il cambio di passo. A firmarlo fu un inviato tenace e acuto, Tommaso Besozzi[3], che già un anno prima con una sua inchiesta aveva fatto scagionare dalle accuse un cittadino italiano accusato in Francia di un triplice omicidio,[4]. In quell'anno Besozzi si recò in Sicilia per indagare sulla morte del bandito Salvatore Giuliano. Il giornalista aveva compreso che la versione ufficiale non reggeva. Il suo magistrale servizio iniziava con un inciso in seguito divenuto celebre e citato nei manuali di giornalismo: «Di sicuro c'è solo che è morto»[5]). E per la sua inchiesta, l'inviato de «L'Europeo» era partito proprio dalle perplessità sulle informazioni ufficiali fornite dalle autorità, sottolineando il loro stridore con le condizioni in cui fu trovato il cadavere: «Perché Giuliano non aveva un soldo addosso? Perché portava una semplice canottiera, lui così ambizioso e, a suo modo, elegante? Perché non aveva l’orologio al polso, quel grosso cronometro d’oro per il quale aveva una bambinesca affezione e che, lo hanno testimoniato in molti, era l’unica cosa che si togliesse, coricandosi, la prima che cercasse al risveglio? C’erano poi altri particolari che alimentavano il dubbio e, apparentemente, con maggiore evidenza: alcune ferite, specie quella sotto l’ascella destra, sembravano tumefatte come se risalissero a qualche tempo prima, altre erano a contorni nitidi e apparivano più fresche - scrisse Besozzi -. Due o tre pallottole lo avevano raggiunto al fianco e avevano prodotto quei fori grandi a contorni irregolari tipici dei colpi sparati a bruciapelo; altre erano entrate nella carne lasciando un forellino minuscolo perfettamente rotondo».
Ancora, proseguiva il giornalista, «il tessuto della canottiera appariva intriso di sangue dal fianco alla metà della schiena, e sotto quella grossa macchia, non c’erano ferite. Era logico pensare che il corpo del bandito anziché bocconi fosse rimasto per qualche tempo in posizione supina, perché tutto quel sangue doveva essere sgorgato dalle ferite sotto l’ascella e certamente era sceso, non poteva essere andato in su»[5].

In Sicilia, sempre negli anni cinquanta del Novecento, si distinse per numero e qualità di inchieste L'Ora di Palermo. Vittorio Nisticò, direttore dal 1954 al 1974, creò un nucleo di cronisti investigativi specializzati sui delitti mafiosi. I risultati non tardarono a venire: il 15 ottobre 1958 apparve in prima pagina la foto di Luciano Liggio con il titolo a nove colonne: «Pericoloso!» Seguì una documentatissima inchiesta sulla mafia. Il quotidiano palermitano pagò duramente il suo impegno: subì minacce, attentati (5 kg di tritolo nel 1958) e tre suoi giornalisti furono assassinati: Cosimo Cristina (5 maggio 1960), Mauro De Mauro (16 settembre 1970)[6] e Giovanni Spampinato (27 ottobre 1972).

Negli anni sessanta e settanta apparvero sul Giornale di Sicilia le inchieste di Mario Francese. Dopo essersi occupato della strage di Ciaculli (attentato effettuato da Cosa Nostra nel 1963 che causò 7 vittime), del processo ai corleonesi del 1969 a Bari, dell'omicidio del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo, fu l'unico giornalista a intervistare la moglie di Totò Riina, Antonietta Bagarella. Nelle sue inchieste entrò profondamente all'interno dell'organizzazione mafiosa, analizzandone le spaccature, le famiglie ed i capi, specie della cosca di Corleone legata a Luciano Liggio e Totò Riina[7]. Fu assassinato a colpi di pistola[8] il 26 gennaio 1979 da Leoluca Bagarella.

Uno dei casi più interessanti ma forse meno noti è l'inchiesta sullo scandalo Lockheed, pubblicata dal Corriere della Sera nel 1976. Fu realizzata dai giornalisti Gaetano Scardocchia, Giampaolo Pansa e Pierluigi Roesler Franz[9]. L'inchiesta contribuì ad attirare l'attenzione sulla vicenda ed a mettere a conoscenza dell'opinione pubblica italiana uno dei più gravi casi di corruzione dell'epoca: la dazione di bustarelle per un milione e mezzo di lire collegate con l'acquisto di aerei Hercules-C 130. Le notizie pubblicate infiammarono il dibattito politico. Nel 1979 fu emanata una sentenza di condanna per Mario Tanassi, già ministro della Difesa, e per diversi altri imputati. Riguardo a quella vicenda, Roesler Franz raccontò: «All’epoca ero ancora un aspirante cronista giudiziario al “Corriere della Sera”, ma già conoscevo bene gli ambienti giudiziari della capitale avendo già fatto esperienza in importanti studi legali. E proprio io sono stato uno degli inventori del cosiddetto “giornalismo investigativo”. Sulla Lockheed feci numerosi scoop che, non potendo ancora firmare sul quotidiano milanese, comparivano solo a nome dei due tra i più grandi giornalisti con i quali ho avuto l’onore di lavorare gomito a gomito, cioè Giampaolo Pansa e Gaetano Scardocchia»[10].

Le indagini dei tre giornalisti partirono da alcuni aspetti contabili, come lo stesso Pansa ebbe a dichiarare in uno scritto dedicato all'amico Scardocchia. L'episodio viene riferito sempre da Franz, che riporta le parole rivolte da Pansa al collega scomparso: «Fu il nostro, tuo e mio, protoscandalo tangentizio. Disseppellito, pezzo dopo pezzo, con l'aiuto di quella giovane volpe del Pierluigi Franz. Il quale Franz guatava anche te ringhiando: "Come? Non siete mai stati in una cancelleria di tribunale? Non sapete consultare l’archivio di una Camera di Commercio? Ma allora che giornalismo investigativo pretendete di fare?" E noi, a testa bassa, giù a provare e riprovare, passando di errore in errore, perché non c’era nessun Sant’Antonio Di Pietro a cui votarci, allora»[10].

Negli anni 1970 è nato il termine pistaroli (dal francese pistard noirs)[11]. È l'appellativo con cui sono stati chiamati, in modo dispregiativo, un gruppo di giornalisti d'inchiesta italiani d'assalto, che si occuparono di seguire tutti gli avvenimenti che accaddero in Italia, a partire dalla strage di piazza Fontana del 1969. Tra essi si annoverano Marco Nozza, Guido Nozzoli, Filippo Abbiati e Gian Pietro Testa de Il Giorno, Gianni Flamini di Avvenire, Giulio Obici di Paese Sera, Marco Sassano dell'Avanti!, Giuliano Marchesini de la Stampa, Umberto Zanatta di Stampa Sera, Italo Del Vecchio de La Gazzetta del Mezzogiorno, Giorgio Sgherri de l'Unità, Fabio Isman de Il Messaggero, Mario Cicellyn de Il Mattino, e anche Marco Fini, Ibio Paolucci, Nando Pensa, Adolfo Fiorani, Marcella Andreoli, Corrado Stajano, Giorgio Bocca e Camilla Cederna.[12]

Negli Stati Uniti

[modifica | modifica wikitesto]
Ida Tarbell, autrice del libro d'inchiesta The History of the Standard Oil Company

Tra il 1890 e il 1920 emerse negli Stati Uniti d'America un tipo di giornalismo investigativo caratterizzato da indagini di denuncia o corruzione. Denominato «muckraker», (letteralmente "spala-letame" in inglese), tale forma pionieristica di giornalismo investigativo fece molta sensazione producendo spesso scandali. Il termine fu impiegato per la prima volta dall'allora Presidente degli Stati Uniti Theodore Roosevelt nel 1906, che lo accostò ad un personaggio del romanzo The Pilgrim's Progress di John Bunyan[13].

Tra i più noti muckraker vi furono Ida Tarbell, che accusò di corruzione il presidente della Standard Oil, John D. Rockefeller, apparsi sulla rivista McClure's[14]. Lincoln Steffens e Ray Standard Baker realizzarono inchieste sulla corruzione in alcune città[14], mentre le riviste Cosmopolitan e Collier's Weekly si dedicarono rispettivamente alla corruzione nel Senato degli Stati Uniti e alle frodi farmaceutiche[14].

La pioniera di una forma particolare di giornalismo investigativo, quello sotto copertura, fu la giornalista statunitense Nellie Bly, autrice di una famosa inchiesta pubblicata sul New York World di Joseph Pulitzer. Nellie si finse infatti pazza, facendosi internare nel manicomio femminile Women's Lunatic Asylum su Blackwell Island, per poi scrivere delle condizioni in cui erano tenute le donne, costringendo le autorità ad intervenire.

«Raccontare, sulla base della propria iniziativa e del proprio lavoro, fatti che siano rilevanti per i lettori, gli spettatori o gli ascoltatori.»
  • Hugo de Burgh, teorico dei media, ha affermato che:
«Un giornalista investigativo è un uomo o una donna la cui professione è di scoprire la verità e identificare gli scostamenti da essa in qualsiasi media possa essere disponibile»
  • Amira Hass, scrittrice israeliana, ritiene che:
«Il giornalismo nella sua essenza, è tener d’occhio il potere e i centri del potere»
  1. ^ Simona Fossati, Marina Martorana, Giornalista Freelance, Sperling& Kupfer Editori, Milano, 1995
  2. ^ Gerardo Adinolfi, Dentro l'inchiesta, L'Italia nelle indagini dei reporter, Edizioni della Sera, Ottobre 2010, p 19.
  3. ^ https://minimaetmoralia.it/ritratti/tommaso-besozzi/
  4. ^ Oreste Del Buono, Amici. Amici degli amici. Maestri..., Baldini&Castoldi, Milano 1994, pp. 147-152
  5. ^ a b https://www.glistatigenerali.com/cultura/storia/di-sicuro-ce-solo-che-e-morto-un-libro-su-salvatore-giuliano/
  6. ^ Il giornalista fu sequestrato ed il suo corpo non venne mai ritrovato.
  7. ^ secondo sapere.it Archiviato il 31 ottobre 2007 in Internet Archive. fu il primo a citare Riina come capo mafia
  8. ^ Memoria Mario Francese in Ossigeno per l'informazione, su notiziario.ossigeno.info. URL consultato l'11 luglio 2016 (archiviato dall'url originale il 1º agosto 2015).
  9. ^ https://www.tesionline.it/tesi/sociologia/il-giornalismo-investigativo-in-italia-il-caso-lockheed/8349
  10. ^ a b https://www.giornalistitalia.it/40-anni-fa-scoppiava-lo-scandalo-lockheed/
  11. ^ Pistarolo di cuore nell'Italia di piombo, su pbmstoria.it, La Storia Paravia Bruno Mondadori. URL consultato il 20 febbraio 2010 (archiviato dall'url originale il 16 gennaio 2014).
  12. ^ Marco Nozza. Il pistarolo. Da Piazza Fontana, trent'anni di storia raccontati da un grande cronista. Il Saggiatore, 2006, ISBN 88-428-1429-6.
  13. ^ Giovanni Gozzini, Storia del giornalismo, Bruno Mondadori, 2000, pag. 162
  14. ^ a b c M. Stazio, L'informazione giornalistica, Ellissi, 2003, ISBN 9788824491402 , pp. 109-110
  15. ^ Steve Weinberg, The Reporter's Handbook: An Investigator's Guide to Documents and Techniques, St. Martin's Press, 1996.
  16. ^ Hugo de Burgh (a cura di), Investigative Journalism: Context and Practice, Routledge, London and New York, 2000.
  17. ^ Dall'intervista in Robert Fisk, Amira Hass voce di confine, Internazionale, n. 413, 23 novembre 2001, p. 52.
  • Petra M. Secanella, Periodismo de Investigacion, Editorial Tecnos, Madrid (Spagna) 1986.
  • Pepe Rodriguez, Periodismo de investigacion técnicas y estrategias, Paidos, Iberica, Barcellona (Spagna) 1994.
  • Simona Fossati, Marina Martorana, Giornalista Freelance, Sperling& Kupfer Editori, Milano, 1995.
  • Gerardo Reyes, Periodismo de Investigacìon, Editorial Trillas, Districto Federal (Mexico) 1996.
  • Steve Weinberg, The Reporter's Handbook: An Investigator's Guide to Documents and Techniques, St. Martin's Press, 1996.
  • Hugo de Burgh (ed), Investigative Journalism: Context and Practice, Routledge, London and New York, 2000.
  • Francesco Sidoti, Giornalismo investigativo, a cura di Francesco Sidoti, Roma, Koinè nuove edizioni, 2003.
  • Massimo Veneziani, Controinformazione: stampa alternativa e giornalismo d'inchiesta dagli anni Sessanta a oggi, prefazione di Carlo Lucarelli, Roma, Castelvecchi, 2006, ISBN 9788876151446.
  • Gerardo Adinolfi, Dentro l'inchiesta: l'Italia nelle indagini dei reporter, prefazione di Sandro Provvisionato, Roma, Edizioni della Sera, 2010, ISBN 9788890473074.

Film sul giornalismo investigativo

[modifica | modifica wikitesto]

Molte pellicole raccontano le storie di reporter che, con le loro inchieste, hanno provato a incidere sulla realtà. Alcune sceneggiature sono ispirate a vicende reali, altre invece sono opera di fantasia, ma rendono bene le dinamiche interne alle redazioni dei media e danno un'idea del lavoro di approfondimento che il cronista si trova a intraprendere, talvolta in solitudine e con notevoli rischi. Ecco un elenco:

  • "Tutti gli uomini del presidente", 1976, diretto da Alan J. Pakula [1].
  • "L'ultima minaccia", 1952, regia di Richard Brooks,[2].
  • "Veronica Guerin", 2003, diretto da Joel Schumacher [3]
  • "State of play", 2009, regia da Kevin Macdonald [4].
  • "The insider - dietro la verità", 1999, diretto da Michael Mann [5].
  • "Il caso Spotlight", 2015, diretto da Tom McCarthy [6].
  • "La regola del silenzio", 2012, regista Robert Redford,[7].
  • "Il muro di gomma", 1991, regia di Marco Risi [8].
  • "Fortapàsc", 2009, diretto da Marco Risi [9].
  • "City of Lies - L'ora della verità", 2018, regista Brad Furman [10].
  • "Diritto di cronaca", 1981, diretto da Sidney Pollack [11].
  • "The truth - Il prezzo della verità", 2015, regista James Vanderbilt [12].
  • "Prima che la notte", 2018, regia di Daniele Vicari [13].
  • "The Post", 2018, diretto da Steven Spielberg [14].

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]
Controllo di autoritàLCCN (ENsh87001872 · BNF (FRcb12287269n (data) · J9U (ENHE987007529857105171 · NDL (ENJA001098478
  Portale Editoria: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di editoria