Videos by Francesco Striano
This talk was given on 12 October 2021 in the context of the "Changing Values, Changing Technolog... more This talk was given on 12 October 2021 in the context of the "Changing Values, Changing Technologies" conference, organized by the TU Delft.
In this talk I start from the observation that decision making algorithms, while offering enormous advantages in terms of speed and efficiency, often produce undesirable results and sometimes exacerbate discrimination in society.
Then, I propose the thesis that discrimination is ultimately inseparable from the functioning of digital technologies, by virtue of their material structure, and that this makes them true moral amplifiers.
Finally, identifying in the amplifier function also positive potentialities, I tried to suggest a direction to algorithm design theory. 30 views
This talk was part of a unitary panel entitled “Digital Metempsychosis? Against a dualistic imagi... more This talk was part of a unitary panel entitled “Digital Metempsychosis? Against a dualistic imaginary of immersivity”, presented at “Technological Imaginaries”, the Society for Philosophy and Technology Biennial Meeting 2021. The critique of what we panelists called the “Two Worlds Model” (2WM) is instantiated here by an analysis of action in the so-called “virtual world”. The intention of this contribution is to show that the object of virtual agency is always and only the “real world”. 36 views
Books by Francesco Striano

When Alice steps through the mirror in Lewis Caroll’s Alice's Adventures in Wonderland, she remo... more When Alice steps through the mirror in Lewis Caroll’s Alice's Adventures in Wonderland, she removes herself from the centre of vision and perspective, restoring the autonomy of everything else that lies "beyond" the mirror. Similarly, the philosopher who wishes to engage with the contemporary medial system must pass through the screen, recognising the autonomy of the non-human components of the system, but also understanding the human role within the system itself.
Perched between philosophy and otherdisciplines such as psychology, sociology, neuroscience, computer science, electronics, cultural studies, French médiologie, German Medienarchäologie, and first-order cybernetics, this book challenges our contemporary screen experience and provides the reader with new tools with which to understand it, as well as novel insights into the role of philosophy in the digital condition. Its aim, ultimately, is to lay the foundations of a general theory of being and culture by examining them through their technological manifestations.

Violenza virtuale. Vita digitale e dolore reale, 2024
Violenza virtuale racconta un reame oscuro, apparentemente senza regole, nel quale anche l’uomo p... more Violenza virtuale racconta un reame oscuro, apparentemente senza regole, nel quale anche l’uomo più docile può trasformarsi in un violentatore seriale. Un universo di schermi costituisce la realtà a cui siamo approdati, nella quale sembra ci venga offerta una libertà di espressione e di movimento sterminata e senza precedenti. Nella vita digitale, il nostro passato di carne e ossa sembra essere solo un ricordo: possiamo diventare chi vogliamo, cambiare identità e indole quando lo desideriamo. Possiamo fare quello che nella quotidianità ci sarebbe precluso e persino proibito.
È in questa condizione di assoluta libertà che sgorga dall'umano un’inaudita violenza: gruppi di uomini che selvaggiamente si scambiano materiale intimo di ragazze inconsapevoli; gamer che durante le sessioni di gioco stuprano le loro compagne di partita. Molte domande affollano le nostre coscienze: le loro azioni sono reali o virtuali? La violenza che perpetrano si chiude nello spazio digitale o ha ripercussioni al di là dello schermo? Quello che nasce su Internet resta solo su Internet? Francesco Striano affronta una delle maggiori questioni irrisolte della nostra contemporaneità – la responsabilità della nostra vita digitale – invitandoci a riflettere sul rispetto da esercitare nei confronti di un dolore che resta assolutamente reale.
Papers by Francesco Striano

Sulla disabilitazione. Introduzione ai Disability Studies (a cura di E. Valtellina), 2025
Nel capitolo, Monchietto e Striano esplorano il nesso tra riflessione etica e disabilità, evidenz... more Nel capitolo, Monchietto e Striano esplorano il nesso tra riflessione etica e disabilità, evidenziando come i principali paradigmi della filosofia morale moderna – dal deontologismo kantiano all’utilitarismo e al contrattualismo – mostrino limiti sistemici nell'includere in modo adeguato l’esperienza vissuta e le istanze delle persone disabili.
Il testo propone una critica profonda alla centralità dell’autonomia, della razionalità astratta e dell’individualismo che permeano l’etica occidentale, denunciando come tali modelli escludano strutturalmente soggettività considerate “non conformi”. L’abilismo, in questa prospettiva, non è solo un pregiudizio, ma una configurazione morale e politica radicata nelle norme stesse di valutazione etica.
La disabilità viene quindi proposta non solo come una condizione biologica o medica, ma come una categoria relazionale e politica, che interpella la dimensione strutturale della dipendenza, della vulnerabilità e della co-costruzione sociale dell’umano. Attraverso riferimenti ai Disability Studies, alla Disability Ethics e agli studi femministi e postcoloniali, gli autori indicano la necessità di un cambio di paradigma che riconosca la disabilità come generativa di nuove visioni etiche fondate sull’interdipendenza, la giustizia incarnata e la pluralità dei corpi.
Il capitolo si chiude riflettendo sul legame tra disabilità e crisi ecologica, sostenendo che solo una revisione profonda delle categorie morali – capace di mettere in discussione l’ideale neoliberale di autosufficienza – può offrire una risposta adeguata alle sfide sociali, ambientali e politiche contemporanee.

Chiasmi International, 2024
This paper delves into a philosophical exploration of the concept of "dividuality” in the contex... more This paper delves into a philosophical exploration of the concept of "dividuality” in the context of contemporary media technologies and proposes an ethical framework capable of accounting for human and non-human agency, with the aim of providing direction for the transindividual structuring of a systemic collective. The paper is divided into four sections. The first section discusses the concept of divisum, introduced by Günther Anders. It highlights the impact of media technologies on human identity and the commodification of consumer products. The second section introduces the concept of the “dividual” as a more accurate representation of the human condition in the digital age. More than this, the basic thesis is that individuality is an abstraction and that the dividual condition has always been more appropriate to describe the human condition. In the digital age, however, the dividual condition produces anxieties that demand an ethical response. The two final sections propose a transindividual ethical framework. They focuse on collective growth and the integration of human, environmental, and technological interactions. In conclusion, the paper advocate for a society that values collective and emphasize the need for a systemic approach to address the challenges posed by digital technologies.

Lessico di Etica Pubblica, 2024
This article explores the relationship between trust, transparency, and technology from a virtue ... more This article explores the relationship between trust, transparency, and technology from a virtue ethics perspective. It challenges the assumption that transparency is essential for trust, distinguishing between trust, reliance, and confidence. Transparency is then examined as both informational openness and a social process involving negotiation. The article argues that transparency in the first sense can lead to information overload and control dynamics, advocating instead for a balanced, virtuous relationship with technology that emphasizes user interpretative skills. It proposes that trust in technology depends both on individual attitudes and objectual reliability. Finally, the article critiques the contemporary “cult of transparency,” proposing that honesty, as a techno-moral virtue, should replace transparency as the design goal. Honest technologies would mediate and negotiate user access to information, fostering authentic trust and supporting human flourishing.
![Research paper thumbnail of [EDITORIALE] Trasparenza. Riflessioni estetiche, implicazioni politiche](https://attachments.academia-assets.com/121617923/thumbnails/1.jpg)
Lessico di Etica Pubblica, 2024
La nozione di trasparenza, nel suo significato originario nell’ottica fisica, indica la proprietà... more La nozione di trasparenza, nel suo significato originario nell’ottica fisica, indica la proprietà posseduta da un materiale di poter essere attraversato dalla luce, mostrandoci quindi ciò che si trova al di là di esso. Un materiale, quanto più è trasparente, tanto più efficacemente si nasconde e dà l’impressione di non esserci. La fortuna dell’uso metaforico di questo concetto risiede in questa sua ambiguità: un oggetto, un’istituzione, una pratica sono “trasparenti” nella misura in cui esistono e esercitano la propria funzione non apparendo, come se non ci fossero. Per questo la trasparenza diventa sinonimo di apertura illimitata e accesso diretto alla realtà. Essa tende ad occultare la natura dei processi di mediazione che sono comunque in gioco e le zone d’ombra che accompagnano ogni processo che si pretende trasparente. E allo stesso tempo però il bisogno di trasparenza nasce proprio per comprendere il senso profondo delle mediazioni e renderle accessibili perché non siano semplicemente una barriera, invisibile ma reale, alla comprensione del mondo. Sin dagli albori della società digitale, pertanto, “trasparenza” è diventata una parola chiave, nella convinzione che l’accesso a un’enorme massa di informazioni potesse spalancarci le porte di una totalità trasparente, migliorando così la nostra conoscenza del mondo, degli eventi, dei processi deliberativi e decisionali. Essa si è trasformata in un vero e proprio imperativo che ha fatto della disintermediazione l’antidoto alle opacità del potere e la condizione essenziale per la fiducia nei confronti delle istituzioni che sta alla base della partecipazione democratica. Tale imperativo non si è manifestato unicamente a livello politico nel rapporto verticale tra cittadini e governanti, ma si è esteso anche a livello orizzontale nelle relazioni sociali fino a implicare la vita personale. In ogni ambito la trasparenza sembra oggi elevarsi a valore assoluto e a principio indiscutibile, facendo dimenticare le ambiguità e i rischi di questo concetto. Questo entusiasmo per la visibilità totale elude però un dato di fatto: la trasparenza non è l’assenza di mediazione e quella che definiamo come “disintermediazione” si traduce inevitabilmente in nuove forme di mediazione che magari diventano anche meno “trasparenti” perché sono più subdole e difficili da individuare. Un medium “trasparente” permette di vedere una porzione di realtà, ma ne nasconde un’altra. Ogni relazione sociale che si pretende trasparente è in realtà guidata da scelte individuali e collettive che strutturano specifici “regimi di visibilità”. Da questa ambiguità e dal suo occultamento derivano alcuni problemi che una riflessione critica sulla cultura e sulla società deve oggi affrontare.

S&F_scienzaefilosofia.com, 2024
This paper embarks on an exploration of the concept of agency, traditionally ascribed to humans, ... more This paper embarks on an exploration of the concept of agency, traditionally ascribed to humans, in the context of artificial intelligence (AI). In the first two sections, it challenges the conventional dichotomy of human agency and non-human instrumentality, arguing that advancements in technology have blurred these boundaries. In the third section, the paper introduces the reader to the philosophical perspective of new materialism, which assigns causal power to matter itself. This perspective suggests that agency is an emergent property of material configurations, prompting a re-evaluation of nonhuman agency. The fourth and fifth section revisit the legacy of cybernetics to understand systemic properties and feedback mechanisms, while re-admitting in the discourse also linear conditioning (discarded by new materialism) and assigning it a role in system dynamics. In the sixth section, in the light of the conceptual background examined so far, the paper proposes a revision of determinism (again partly in opposition to the new materialism and its indeterministic view) that can include both linear conditioning and circular interactions. The seventh section is devoted to propose a novel theory of action that includes AI systems – and artificial entities in general – as agents that can impact their environment and human systems. The exploration concludes with a discussion on the implications of this perspective for our understanding of action and responsibility in the age of AI.
Journal of Responsible Technology, 2024
The editorial delves into the evolution of humanism in the face of technological advancements. It... more The editorial delves into the evolution of humanism in the face of technological advancements. It introduces the reader to the concept of digital humanism, its origins, and its societal implications, especially in the realms of ethics, education, and rights. The paper also addresses theoretical critiques from posthuman, feminist, and decolonial perspectives, challenging the universal applicability of humanism. It concludes by summarizing the articles that are part of the special issue and that contribute to broadening the discussion on the topic of digital humanism and its future.

Journal of Responsible Technology, 2024
In this paper, we explore a new perspective on digital humanism, emphasizing the centrality of mu... more In this paper, we explore a new perspective on digital humanism, emphasizing the centrality of multi-stakeholder dialogues and a bottom-up approach to surfacing stakeholder values. This approach starkly contrasts with existing frameworks, such as the Vienna Manifesto's top-down digital humanism, which hinges on preestablished first principles. Our approach provides a more flexible, inclusive framework that captures a broader spectrum of ethical considerations, particularly those pertinent to the digital realm. We apply our model to two case studies, comparing the insights generated with those derived from a utilitarian perspective and the Vienna Manifesto's approach. The findings underscore the enhanced effectiveness of our approach in revealing additional, often overlooked stakeholder values, not typically encapsulated by traditional top-down methodologies. Furthermore, this paper positions our digital humanism approach as a powerful tool for framing ethics-bydesign, by promoting a narrative that empowers and centralizes stakeholders. As a result, it paves the way for more nuanced, comprehensive ethical considerations in the design and implementation of digital technologies, thereby enriching the existing literature on digital ethics and setting a promising agenda for future research.
Program of the Conference "POLITICS OF TECHNOLOGIES IN THE DIGITAL AGE" (University of Ioannina, ... more Program of the Conference "POLITICS OF TECHNOLOGIES IN THE DIGITAL AGE" (University of Ioannina, October 12-14, 2023)

Feminist Philosophy and Emerging Technologies, 2024
The contribution starts with a brief discussion of the different forms of cyber-rape, which will ... more The contribution starts with a brief discussion of the different forms of cyber-rape, which will refer, in particular, to feminist literature on the subject.
Subsequently, the chapter will enter the heart of the philosophical discussion, addressing the first of the topics to which it is dedicated: the nature of acts of sexual and gender-based online violence. Three sections will be devoted to dismantling those arguments that, even accepting that cyber-rape is a moral wrong, it cannot be considered on the same level as rape.
Then, having established that the seriousness of a “virtual” rape is comparable to that of a physical rape, it will show how the former occurs more frequently (but is not conceptualised as “real”) than the latter. This will be attributed to an asymmetry between the seriousness of the act and its common perception.
Finally, the chapter will go on to question the reasons for this asymmetry, first exploring the hypothesis—long held by many scholars—of anonymity as a catalyst for violence, only to partially discard it in the face of more recent evidence and replace it with a more convincing explanatory hypothesis.
In general, the aim of this chapter is to make a feminist contribution from the perspective of philosophy of technology to the issue of cyberrape. Tools provided by philosophy of technology will be tested in order to, on the one hand, dismantle the idea that there can be such a thing as a virtual agency that is “less serious” than the real one, and, on the other hand, explore the ways in which digital technologies affect the perception of personal responsibility.

Techné: Research in Philosophy and Technology, 2023
The way we human beings approach the world has always been mediated. To be precise, it is mediate... more The way we human beings approach the world has always been mediated. To be precise, it is mediated by interfaces. The starting point of this paper, therefore, will be to define, in the most general way possible, the interface. I will then focus mostly on the analysis of contemporary digital visual interfaces, and on how they changed the human way of perceiving. In the light of this analysis, I will highlight the "ideology" that spoils current interface design and allows contemporary interfaces to "deceive" us much more than previous technologies did. The central part of the paper will be devoted to illustrating the peculiar way in which digital visual interfaces capture attention and predispose to courses of action. The case study provided by TikTok will help to explain this mechanism. Finally, I will point out the possible negative effects of ideological interfaces and I will review some possible solutions.

D ZINE, 2023
L'articolo esplora il recente dibattito sull'impatto dell'intelligenza artificiale (IA) sulla soc... more L'articolo esplora il recente dibattito sull'impatto dell'intelligenza artificiale (IA) sulla società umana. Analizza, in prima battuta, l'appello del Future of Life Institute e le preoccupazioni che esso solleva riguardo alla possibilità che le IA sfuggano al controllo umano. Successivamente espone alcune posizioni contrastanti rispetto a quella della moratoria nello sviluppo delle IA, quali la proposta di concentrarsi sui rischi attuali e promuovere uno sviluppo "lento" dell'IA. La tesi di fondo del testo è che tutte queste posizioni esprimano una visione ingenuamente riformista, che pensa di risolvere le problematiche etiche connesse all'IA o attraverso il tecno-soluzionismo o attraverso la pressione sui decisori politici. Attraverso l'esempio dell'effetto dell'IA (e, in particolare, di assistenti virtuali quali ChatGPT) nel settore accademico certo di mettere in evidenza come le preoccupazioni etiche siano riconducibili a un nodo fondamentalmente politico e come solo progettando delle IA in maniera partecipata e decentrata, fuori dalle logiche della produttività, potremo davvero liberare il potenziale creativo e generativo dell’IA, andando contemporaneamente a liberare potenziale umano grazie all’IA.

Sguardi connessi. Prospettive sull'immagine e il mondo digitale, 2022
La cultura digitale e, ancora prima, quella analogica nella sua culminante fase televisiva, sembr... more La cultura digitale e, ancora prima, quella analogica nella sua culminante fase televisiva, sembrano aver segnato un ritorno alle immagini. In effetti, quando interagiamo con un computer oggi, lo facciamo per lo più manipolando elementi visuali, e anche quando produciamo testi o comunichiamo per iscritto, lo facciamo attraverso la mediazione di tecnologie ottiche. La maggior parte delle interfacce sonore (dalle notifiche all’ascolto della musica) fanno riferimento a informazioni o possibilità di manipolazione e navigazione che avvengono sull’interfaccia visuale. Le tecnologie dell’informazione sembrano aver seguito la “svolta iconica” che caratterizza la cultura del “ritorno delle immagini”.
Tali parole d’ordine sono un ovvio riferimento a Gottfried Boehm e ai suoi importanti testi sull’argomento. Con “svolta iconica”, infatti, l’autore (Boehm 2009a) intende e auspica una reazione al linguistic turn di Richard Rorty (1994) e una riaffermazione dell’autonomia dell’immagine, della sua logica propria (Boehm 2009a, pp. 105-124) e del suo insostituibile valore epistemologico. Le riflessioni di Boehm intendono anche fornire gli strumenti teorici volti a socializzare un sapere specifico sulle immagini, un tempo appannaggio esclusivo dei produttori di queste ultime, necessario per non sottomettersi passivamente alla carica seduttiva e illusionistica degli eventi iconici e visuali che ci circondano.
Nell’era degli schermi onnipresenti e della rapidità dell’elaborazione ottico-visuale digitale, l’opera di Boehm sembra essere di capitale importanza in vista del contrasto o quantomeno della gestione consapevole del “potere delle immagini” (Freedberg 2009). Eppure, nonostante l’indubbia pervasività di eventi visuali digitali, è lecito domandarsi se, data la natura fondamentalmente logico-matematica dei media informatici, non si debba mettere in discussione l’effettiva preminenza dell’elemento visuale nella cultura contemporanea.
Proprio da questo interrogativo prende le mosse questo saggio: la proliferazione di elementi visuali, mediati da tecnologie ottiche, può essere inserita nella scia del “ritorno delle immagini” che caratterizzerebbe la tarda modernità?
La tesi di fondo del presente contributo è che, da un lato, non si tratterebbe propriamente di un “ritorno”, mentre, dall’altro, è persino semplicistico parlare di “immagini”. Per dimostrare questa tesi comincerò legando la nascita della produzione di immagini alla differenza iconica, teorizzata da Boehm e mostrando come tale facoltà non presieda soltanto alla produzione di immagini, ma anche alla produzione di ogni tipo di accesso degli esseri umani all’esperienza visiva, nonché come essa sia parte di una più generale facoltà di organizzazione della percezione. Non solo: le stesse immagini, frutto di un processo di organizzazione dell’esperienza, fungono poi da dispositivo culturale in grado di orientare la percezione e predisporre il campo delle possibili azioni e interazioni.
Una volta formulata e argomentata l’ipotesi di tale origine delle immagini dall’operazione percettivo-culturale della differenziazione, rileverò come le immagini digitali appaiano molto diverse dalle immagini pittoriche e per-sino da quelle fotografiche analogiche, configurandosi come una commistione di elemento logico ed elemento iconico. Ciononostante, anch’esse derivano da operazioni differenziali e si comportano da selettori e organizzazioni di esperienza.
La tesi che difenderò in conclusione, quindi, è che oggi, più che a un ritorno delle immagini, ci troviamo di fronte a una ristrutturazione del campo del visibile (e, tramite esso, dello spazio di predisposizione all’azione) attraverso nuove interfacce in cui le tecnologie digitali giocano un ruolo preponderante.

Technologies de la visibilité, 2021
Le but premier du présent essai est d’examiner le rapport à l’image qui a existé dans le domaine ... more Le but premier du présent essai est d’examiner le rapport à l’image qui a existé dans le domaine de l’histoire des sciences, et la façon dont ce rapport a traversé la culture matérielle du régime discursif scientifique, en particulier à l’époque du passage du traitement analogique au traitement numérique. Pour cela, je me pencherai au titre de cas d’étude sur l’utilisation des images dans le domaine de la microphysique.
La thèse de fond est que dans l’attitude du scientifique à l’égard de l’image, il y a toujours de façon sous-jacente tant une métaphysique de l’image qu’une herméneutique du donné. À ce propos, avant d’entrer dans le vif du sujet, je serai obligé de poser une prémisse sur ce que nous devons entendre par « donné » scientifique, en nous libérant de cette préconception – dont la science s’est d’ailleurs libérée depuis longtemps – selon laquelle le donné serait, justement, quelque chose de donné, de simplement posé, d’immédiat, devant être saisi en lui-même et dans son objectivité.
Après avoir établi que des présupposés extra-scientifiques peuvent contribuer au développement de modèles scientifiques, j’examinerai le cas de deux positions opposées à l’égard de la métaphysique des images (l’attitude « iconophile » et l’attitude « iconoclaste »), pour montrer comment elles ont informé deux traditions différentes en recherche microphysique – parfois opposées, parfois intégrées : le paradigme iconique et le paradigme logique.
Après avoir reparcouru l’histoire de ces deux paradigmes, je soutiendrai qu’avec l’avènement de la culture matérielle numérique, la distance entre eux s’est progressivement réduite jusqu’à pratiquement se dissoudre. Je montrerai cependant que ce n’est qu’en apparence qu’une telle dissolution serait allée dans le sens d’une visualisation complète de la composante logique.
En conclusion, je mettrai en évidence le noeud théorique sur le statut des images qui a émergé des cas d’étude proposés et que la théorie de l’image de l’ère numérique ne peut ignorer. Sans prétendre l’épuiser, je tenterai de donner à cette question une clé de lecture techno-matérialiste et anti-anthropocentrique qui suggère une stratégie pour la dissoudre.
Kaiak. A Philosophical Journey, 8, 2021
Saggio introduttivo alla traduzione (edita nello stesso numero di Kaiak) di un brano di Kittler, ... more Saggio introduttivo alla traduzione (edita nello stesso numero di Kaiak) di un brano di Kittler, tratto da GFT. Il contributo vuole contestualizzare l'estratto kittleriano, chiarificando il quadro teorico dal quale proviene, commentandolo e suggerendone gli sviluppi.

Immagine e memoria nell'era digitale (a cura di N. Russo e J. Mutchinick) - ISBN: 9788857576206, 2020
Questo saggio potrebbe essere definito un contributo alla teoria dell’immagine nell’era della sua... more Questo saggio potrebbe essere definito un contributo alla teoria dell’immagine nell’era della sua elaborazione digitale; oppure può apparire come una precisazione mediologica sul peculiare statuto ontologico e sul carattere commisto di quelle interfacce visuali alle quali ostinatamente ci riferiamo chiamandole “immagini”; sembra altresì proporsi come classificazione analitica delle diverse tipologie di elementi visuali digitali. E, in effetti, è un po’ tutte e tre le cose insieme.
L’obiettivo è triplice. In primo luogo, infatti, si cercherà di mettere a tema la co-originarietà di lógos e eikṓn come forme differenti, ma complementari e di scaturigine comune, di una stessa tecnica culturale fondamentale: quel doppio movimento di esternalizzazione e interiorizzazione che costituisce la base di ogni processo di mediazione.
Secondariamente si rileverà come il digitale ri-produca tecnicamente tale commistione e co-originarietà e come, perciò, quelle che normalmente chiamiamo “immagini digitali” siano in realtà oggetti spuri, definibili secondo registri linguistici differenti. Allo scopo di meglio caratterizzare questo tipo particolare di oggetti si introdurrà il termine log.icona e se ne darà una definizione.
Il terzo punto della trattazione sarà invece dedicato a una tassonomia delle log.icone, volta a predisporre gli strumenti e l’attrezzatura concettuale atta a gettare le fondamenta di una teoria dell’“immagine” digitale adeguata alle caratteristiche ontologiche, logiche e tecniche di quest’ultima.
I restanti paragrafi serviranno a spiegare come un recupero della co-originarietà dei modi di esternalizzazione di lógos e eikṓn, reso possibile dall’analisi delle log.icone digitali, possa costituire il primo passo per rispondere efficacemente a problematiche quali quelle del potere delle immagini.

Ethics in Progress, 2019
Can we say we live in a post-digital condition? It depends. This paper sets out to distinguish be... more Can we say we live in a post-digital condition? It depends. This paper sets out to distinguish between the current mass digital culture and an authentic post-digital culture.
If we mean “post-digital” as the full internalization and awareness of the result of the so-called digital revolution, then it is necessary a philosophical work to discuss related problems, identify the causes and propose solutions.
An authentic philosophy of digital will, however, have to start from a clarification of the terms and basic objects of its investigation. Here media theory is inserted as an analytical tool: the purpose of this essay is to outline a road map for a good media theory that interfaces with questions of definition of digital, also in light of the notions of space, time, and matter. As will be seen, the description given here for a “good media theory” does, in fact, coincide with an already existing – and inserted in the contemporary debate – school. In conclusion we will try to delineate the field of philosophical inquiry opened by the clarification brought by the previous analysis, and to suggest a general framework within which philosophy will have to move in order to finally reach the authentic postdigital condition.
Economia ed Etica (a cura di L. Caselli e A. Bruzzone) - ISBN 9788857542492, 2017
[PRE-PRINT VERSION] Il presente saggio è il frutto della revisione di un paper presentato in occa... more [PRE-PRINT VERSION] Il presente saggio è il frutto della revisione di un paper presentato in occasione del corso "Etica ed Economia" della Scuola di Alta Formazione Etica e Società, svoltosi ad Albenga tra il 16 e il 18 ottobre 2014.

P.O.I. - RIVISTA DI INDAGINE FILOSOFICA E DI NUOVE PRATICHE DELLA CONOSCENZA, 2018
Today, in talking about public sphere and the possible role of philosophy in it, one can not but ... more Today, in talking about public sphere and the possible role of philosophy in it, one can not but refer to information technology. However, in order to investigate the relationship of the philosophical discourse with the environments of the digital age, seems appropriate to start from the more general question of the status of philosophy itself, as well as from its relationship with persuasion and the rhetorical dimension. The basic question to which this essay is intended to answer is the following: in what sense is philosophy a public discourse? In what terms, moreover, does the reconfiguration of the public/private distinction determined by digital media influence the nature of the philosophical debate, its internal dynamics , its objectives and its diffusion? First of all, the article will reconstruct, in particular through an analysis of the Platonic Phaedrus, the common origins and a certain consubstantiality of philosophical thought and its rhetorical manifestation. Starting from this assumption the thesis according to which philosophy has always been and, in a certain sense, must be philosophy of communication will be supported. The specificity of the relationship between philosophy and communication lies in its being always mediology in the sense of a discourse in, of, and on the medium , medium and medium. Finally, this retrospective redefinition of the status of philosophy will be applied to the context of Computer-Mediated Communication (CMC) in order to understand how reflection can recover its role of taking a critical distance in the current public context.
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Videos by Francesco Striano
In this talk I start from the observation that decision making algorithms, while offering enormous advantages in terms of speed and efficiency, often produce undesirable results and sometimes exacerbate discrimination in society.
Then, I propose the thesis that discrimination is ultimately inseparable from the functioning of digital technologies, by virtue of their material structure, and that this makes them true moral amplifiers.
Finally, identifying in the amplifier function also positive potentialities, I tried to suggest a direction to algorithm design theory.
Books by Francesco Striano
Perched between philosophy and otherdisciplines such as psychology, sociology, neuroscience, computer science, electronics, cultural studies, French médiologie, German Medienarchäologie, and first-order cybernetics, this book challenges our contemporary screen experience and provides the reader with new tools with which to understand it, as well as novel insights into the role of philosophy in the digital condition. Its aim, ultimately, is to lay the foundations of a general theory of being and culture by examining them through their technological manifestations.
È in questa condizione di assoluta libertà che sgorga dall'umano un’inaudita violenza: gruppi di uomini che selvaggiamente si scambiano materiale intimo di ragazze inconsapevoli; gamer che durante le sessioni di gioco stuprano le loro compagne di partita. Molte domande affollano le nostre coscienze: le loro azioni sono reali o virtuali? La violenza che perpetrano si chiude nello spazio digitale o ha ripercussioni al di là dello schermo? Quello che nasce su Internet resta solo su Internet? Francesco Striano affronta una delle maggiori questioni irrisolte della nostra contemporaneità – la responsabilità della nostra vita digitale – invitandoci a riflettere sul rispetto da esercitare nei confronti di un dolore che resta assolutamente reale.
Papers by Francesco Striano
Il testo propone una critica profonda alla centralità dell’autonomia, della razionalità astratta e dell’individualismo che permeano l’etica occidentale, denunciando come tali modelli escludano strutturalmente soggettività considerate “non conformi”. L’abilismo, in questa prospettiva, non è solo un pregiudizio, ma una configurazione morale e politica radicata nelle norme stesse di valutazione etica.
La disabilità viene quindi proposta non solo come una condizione biologica o medica, ma come una categoria relazionale e politica, che interpella la dimensione strutturale della dipendenza, della vulnerabilità e della co-costruzione sociale dell’umano. Attraverso riferimenti ai Disability Studies, alla Disability Ethics e agli studi femministi e postcoloniali, gli autori indicano la necessità di un cambio di paradigma che riconosca la disabilità come generativa di nuove visioni etiche fondate sull’interdipendenza, la giustizia incarnata e la pluralità dei corpi.
Il capitolo si chiude riflettendo sul legame tra disabilità e crisi ecologica, sostenendo che solo una revisione profonda delle categorie morali – capace di mettere in discussione l’ideale neoliberale di autosufficienza – può offrire una risposta adeguata alle sfide sociali, ambientali e politiche contemporanee.
Subsequently, the chapter will enter the heart of the philosophical discussion, addressing the first of the topics to which it is dedicated: the nature of acts of sexual and gender-based online violence. Three sections will be devoted to dismantling those arguments that, even accepting that cyber-rape is a moral wrong, it cannot be considered on the same level as rape.
Then, having established that the seriousness of a “virtual” rape is comparable to that of a physical rape, it will show how the former occurs more frequently (but is not conceptualised as “real”) than the latter. This will be attributed to an asymmetry between the seriousness of the act and its common perception.
Finally, the chapter will go on to question the reasons for this asymmetry, first exploring the hypothesis—long held by many scholars—of anonymity as a catalyst for violence, only to partially discard it in the face of more recent evidence and replace it with a more convincing explanatory hypothesis.
In general, the aim of this chapter is to make a feminist contribution from the perspective of philosophy of technology to the issue of cyberrape. Tools provided by philosophy of technology will be tested in order to, on the one hand, dismantle the idea that there can be such a thing as a virtual agency that is “less serious” than the real one, and, on the other hand, explore the ways in which digital technologies affect the perception of personal responsibility.
Tali parole d’ordine sono un ovvio riferimento a Gottfried Boehm e ai suoi importanti testi sull’argomento. Con “svolta iconica”, infatti, l’autore (Boehm 2009a) intende e auspica una reazione al linguistic turn di Richard Rorty (1994) e una riaffermazione dell’autonomia dell’immagine, della sua logica propria (Boehm 2009a, pp. 105-124) e del suo insostituibile valore epistemologico. Le riflessioni di Boehm intendono anche fornire gli strumenti teorici volti a socializzare un sapere specifico sulle immagini, un tempo appannaggio esclusivo dei produttori di queste ultime, necessario per non sottomettersi passivamente alla carica seduttiva e illusionistica degli eventi iconici e visuali che ci circondano.
Nell’era degli schermi onnipresenti e della rapidità dell’elaborazione ottico-visuale digitale, l’opera di Boehm sembra essere di capitale importanza in vista del contrasto o quantomeno della gestione consapevole del “potere delle immagini” (Freedberg 2009). Eppure, nonostante l’indubbia pervasività di eventi visuali digitali, è lecito domandarsi se, data la natura fondamentalmente logico-matematica dei media informatici, non si debba mettere in discussione l’effettiva preminenza dell’elemento visuale nella cultura contemporanea.
Proprio da questo interrogativo prende le mosse questo saggio: la proliferazione di elementi visuali, mediati da tecnologie ottiche, può essere inserita nella scia del “ritorno delle immagini” che caratterizzerebbe la tarda modernità?
La tesi di fondo del presente contributo è che, da un lato, non si tratterebbe propriamente di un “ritorno”, mentre, dall’altro, è persino semplicistico parlare di “immagini”. Per dimostrare questa tesi comincerò legando la nascita della produzione di immagini alla differenza iconica, teorizzata da Boehm e mostrando come tale facoltà non presieda soltanto alla produzione di immagini, ma anche alla produzione di ogni tipo di accesso degli esseri umani all’esperienza visiva, nonché come essa sia parte di una più generale facoltà di organizzazione della percezione. Non solo: le stesse immagini, frutto di un processo di organizzazione dell’esperienza, fungono poi da dispositivo culturale in grado di orientare la percezione e predisporre il campo delle possibili azioni e interazioni.
Una volta formulata e argomentata l’ipotesi di tale origine delle immagini dall’operazione percettivo-culturale della differenziazione, rileverò come le immagini digitali appaiano molto diverse dalle immagini pittoriche e per-sino da quelle fotografiche analogiche, configurandosi come una commistione di elemento logico ed elemento iconico. Ciononostante, anch’esse derivano da operazioni differenziali e si comportano da selettori e organizzazioni di esperienza.
La tesi che difenderò in conclusione, quindi, è che oggi, più che a un ritorno delle immagini, ci troviamo di fronte a una ristrutturazione del campo del visibile (e, tramite esso, dello spazio di predisposizione all’azione) attraverso nuove interfacce in cui le tecnologie digitali giocano un ruolo preponderante.
La thèse de fond est que dans l’attitude du scientifique à l’égard de l’image, il y a toujours de façon sous-jacente tant une métaphysique de l’image qu’une herméneutique du donné. À ce propos, avant d’entrer dans le vif du sujet, je serai obligé de poser une prémisse sur ce que nous devons entendre par « donné » scientifique, en nous libérant de cette préconception – dont la science s’est d’ailleurs libérée depuis longtemps – selon laquelle le donné serait, justement, quelque chose de donné, de simplement posé, d’immédiat, devant être saisi en lui-même et dans son objectivité.
Après avoir établi que des présupposés extra-scientifiques peuvent contribuer au développement de modèles scientifiques, j’examinerai le cas de deux positions opposées à l’égard de la métaphysique des images (l’attitude « iconophile » et l’attitude « iconoclaste »), pour montrer comment elles ont informé deux traditions différentes en recherche microphysique – parfois opposées, parfois intégrées : le paradigme iconique et le paradigme logique.
Après avoir reparcouru l’histoire de ces deux paradigmes, je soutiendrai qu’avec l’avènement de la culture matérielle numérique, la distance entre eux s’est progressivement réduite jusqu’à pratiquement se dissoudre. Je montrerai cependant que ce n’est qu’en apparence qu’une telle dissolution serait allée dans le sens d’une visualisation complète de la composante logique.
En conclusion, je mettrai en évidence le noeud théorique sur le statut des images qui a émergé des cas d’étude proposés et que la théorie de l’image de l’ère numérique ne peut ignorer. Sans prétendre l’épuiser, je tenterai de donner à cette question une clé de lecture techno-matérialiste et anti-anthropocentrique qui suggère une stratégie pour la dissoudre.
L’obiettivo è triplice. In primo luogo, infatti, si cercherà di mettere a tema la co-originarietà di lógos e eikṓn come forme differenti, ma complementari e di scaturigine comune, di una stessa tecnica culturale fondamentale: quel doppio movimento di esternalizzazione e interiorizzazione che costituisce la base di ogni processo di mediazione.
Secondariamente si rileverà come il digitale ri-produca tecnicamente tale commistione e co-originarietà e come, perciò, quelle che normalmente chiamiamo “immagini digitali” siano in realtà oggetti spuri, definibili secondo registri linguistici differenti. Allo scopo di meglio caratterizzare questo tipo particolare di oggetti si introdurrà il termine log.icona e se ne darà una definizione.
Il terzo punto della trattazione sarà invece dedicato a una tassonomia delle log.icone, volta a predisporre gli strumenti e l’attrezzatura concettuale atta a gettare le fondamenta di una teoria dell’“immagine” digitale adeguata alle caratteristiche ontologiche, logiche e tecniche di quest’ultima.
I restanti paragrafi serviranno a spiegare come un recupero della co-originarietà dei modi di esternalizzazione di lógos e eikṓn, reso possibile dall’analisi delle log.icone digitali, possa costituire il primo passo per rispondere efficacemente a problematiche quali quelle del potere delle immagini.
If we mean “post-digital” as the full internalization and awareness of the result of the so-called digital revolution, then it is necessary a philosophical work to discuss related problems, identify the causes and propose solutions.
An authentic philosophy of digital will, however, have to start from a clarification of the terms and basic objects of its investigation. Here media theory is inserted as an analytical tool: the purpose of this essay is to outline a road map for a good media theory that interfaces with questions of definition of digital, also in light of the notions of space, time, and matter. As will be seen, the description given here for a “good media theory” does, in fact, coincide with an already existing – and inserted in the contemporary debate – school. In conclusion we will try to delineate the field of philosophical inquiry opened by the clarification brought by the previous analysis, and to suggest a general framework within which philosophy will have to move in order to finally reach the authentic postdigital condition.